Per Papa Francesco è proprio la peculiare condizione di questo paese di confine (peraltro ricchissimo di materie prime, uranio, oro, ferro, terre rare, rame) a rappresentare per la geopolitica un punto di riferimento, un esempio che vale la pena portare sotto i riflettori internazionali, utile persino a immaginare risposte alla crisi ucraina. «Al di là di eventuali appelli che il Papa rivolgerà in questa circostanza è la stessa sua presenza a costituire un invito alla pace, e questo per il posto significativo che questa nazione occupa nel grande contesto asiatico» analizza il cardinale Pietro Parolin parlando a Vatican News.
SEGNALI
Papa Bergoglio da tempo è concentrato a visitare sopratutto paesi periferici, a volte privi di una storia ecclesiale alle spalle ma certamente adatti a mandare segnali urbi et orbi. In questo caso la Mongolia dove Bergoglio ha appena nominato cardinale un giovanissimo missionario italiano, Claudio Marengo resta un avamposto nel quale il dialogo sta funzionando. Sospesa tra l'autocrazia cinese e l'imperialismo russo Ulan Bator si è ritagliata una posizione di equilibrio, difendendo al contempo i principi del multilateralismo e guardando ad una propria autonomia economica ed energetica, puntando ad uscire dall'isolamento. Per i teorici del realismo politico potrebbe essere proprio la Mongolia ad insegnare a come restare in equilibrio in un mondo in via di ridefinizione, tra sfere di influenza colossali e questioni economiche pressanti (interessante la politica energetica studiata dai mongoli dove sul suo territorio transiterà un gasdotto russo, ma nello stesso tempo ha raggiunto un accordo con la Cina per il più grande parco di energia solare mai costruito).«Questa visita porta in sé il rispetto di ogni Paese, piccolo o grande che sia, all'osservanza del diritto internazionale, alla rinuncia del principio di forza per regolare le controversie, alla costruzione di rapporti di collaborazione coi paesi vicini» ha sottolineato Parolin.
PECHINO
Solida democrazia, emanazione di un passato comunista, erede storica del mito di Gengis Khan, per Papa Francesco il viaggio di oggi è poi un passaggio per proiettare la Chiesa sempre più verso Est, una sorta di Silk Road cattolica dove Mosca e Pechino all'orizzonte - rappresentano tappe sospirate, dentro in un quadro complesso in cui alla geopolitica si mescola la religione e a volte è difficile intravederne il confine.
Si tratta del quarantatreesimo viaggio apostolico del Pontefice argentino.
Domenica 3, il Papa presiederà un importante evento ecumenico nell’Hun Theatre. Il Papa partirà il 31 agosto alle 18.30 da Fiumicino e in 9 ore e mezzo di volo a Ulanbaatar accolto dalla ministra degli Esteri che gli offrirà una coppa di yogurt secco, dono tipico del Paese. Il primo giorno sarà dedicato agli appuntamenti istituzionali: la mattina con le autorità civili, il presidente Ukhnaagiin Khürelsükh e il primo ministro; il pomeriggio con vescovi della regione, con i sacerdoti e i missionari nella cattedrale costruita nel XX secolo imitando le Ger, le tende dei nomadi, dove è presente una statua della Madonna trovata da una donna nella spazzatura anni fa, poi intronizzata e venerata come Madre del Cielo. Il cardinale Marengo l’anno scorso ha consacrato a Lei la Mongolia. La donna che ha ritrovato la statua nella spazzatura accoglierà il Papa nella cattedrale. L’ultimo giorno Francesco inaugurerà la Casa della Misericordia, un complesso scolastico dismesso appartenente alle suore e ora allestito per dare rifugio a poveri, senza dimora, migranti e vittime di violenza domestica. Il cardinale Marengo spiega che l’annuncio del Vangelo si basa sulla carità: «Il 70% della attività della Chiesa è costituito da opere sociali, ma attraverso questo prendersi cura dell’altro con lo spirito evangelico, che è quello della gratuità, noi cerchiamo di incarnare il messaggio di Gesù, così che le persone lo possano riconoscere» dice il cardinale Marengo, grande artefice di questo passaggio nel cuore dell'Asia.
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