Padre Georg, lo scandalo Vatileaks e quei furti di documenti scoperti da Benedetto

Nell’anticipazione del libro di monsignor Georg Gaenswein la confessione di Paolo Gabriele e il perdono del Papa

Giovedì 5 Gennaio 2023
Padre Georg, lo scandalo Vatileaks e quei furti di documenti scoperti da Benedetto

Si intitola “Nient’altro che la verità” il libro che monsignor Georg Gaenswein (qui un breve estratto) ha pubblicato con Saverio Gaeta, svelando gli anni a fianco di Benedetto XVI e facendo luce su diversi episodi del pontificato, tra cui lo scandalo Vatileaks.

Appena sfogliai il libro Sua Santità, firmato dal giornalista Gianluigi Nuzzi, mi resi conto che alcuni dei documenti citati, e addirittura fotografati, non erano passati per altri uffici vaticani se non il mio. Li avevo mostrati al Papa, che vi aveva apposto la sua sigla e indicato come procedere, e li avevo conservati sullo scaffale alle spalle del mio tavolo di lavoro. A quel punto feci mente locale su come si svolgesse il nostro lavoro nella stanza della segreteria situata di fianco allo studio del Papa e visualizzai che sostanzialmente, oltre al secondo segretario Xuereb e all'aiutante Gabriele, non vi entrava nessuno.
Per affrontare di petto la situazione, in accordo con Benedetto XVI, convocai per la mattinata del 21 loro due, insieme con le quattro Memores e anche suor Birgit. Chiesi a ciascuno se fosse stato lui a consegnare quei documenti, e tutti negarono con fermezza. A quel punto fui molto duro e, rivolgendomi direttamente a Paolo, lo accusai del furto, approfittando del fatto che nella stanza aveva una scrivania con un computer per lavori di archiviazione. Quando al mattino arrivava la borsa dalla Segreteria di Stato, io smistavo il contenuto e sottoponevo al Papa la documentazione da valutare personalmente; lui leggeva, annotava qualche appunto e talvolta domandava chiarimenti, e alla fine mi restituiva tutto con il suo responso. Documenti e lettere rimanevano in un posto riservato del mio ufficio, nel tempo in cui accompagnavo Benedetto alla Seconda loggia per le udienze, fino a quando, prima di pranzo, un addetto della Segreteria di Stato veniva a riprendere la borsa con il materiale visionato.
Paolo veniva con noi, ma poi spesso risaliva per sbrigare i suoi compiti.

Avendo la chiave dell'ascensore Sisto V poteva salire e scendere senza dare nell'occhio e, poiché nel frattempo anche Xuereb si muoveva, lui poteva restare spesso solo. Pensandoci in seguito, mi sono reso conto che, dopo il pranzo, costantemente rientrava in ufficio e se ne andava verso le 15 (in genere, arrivava intorno alle 7 per la Messa), dando l'impressione che dovesse recuperare lavoro arretrato, cosicché aveva tempo disponibile per le sue cose. Ma lui ebbe la prontezza di negare assolutamente il fatto, addirittura facendo l'offeso e chiedendomi come fossero nati in me tali sospetti.

Dopo il pranzo, entrai in cappella e non mi aspettavo di trovarlo lì. Lo avvicinai e gli chiesi di dirmi la verità su cosa avesse combinato. Fu quello il momento in cui cominciò ad ammettere di aver incontrato Nuzzi e di avergli consegnato qualche documento. Io restai scioccato da questa rivelazione. La conferma dei sospetti fu un duro colpo anche per Benedetto, che sotto l'aspetto affettivo lo considerava quasi come un figlio, come per noi membri della famiglia pontificia era praticamente un fratello, oltre che un collega nel lavoro quotidiano. Avevo offerto le mie dimissioni a Benedetto, chiedendogli di assegnarmi un altro incarico esterno alla Casa pontificia, ma lui mi rispose semplicemente che non se ne parlava.
Nonostante per Benedetto fosse stata umanamente una grande delusione, soprattutto perché Paolo aveva avuto costantemente la possibilità di parlargli personalmente e chiarirsi qualsiasi dubbio, la decisione di condonargli la pena venne presa ancor prima che lui chiedesse formalmente la grazia, mediante una lettera a inizio settembre nella quale riconosceva il proprio errore e implorava al Papa perdono per aver tradito la sua fiducia. Benedetto rispose personalmente, inviandogli un libro dei Salmi con la propria benedizione apostolica vergata sul frontespizio del volume.

Per rendere pubblicamente nota la concessione della grazia, si ritenne però opportuno attendere un momento spiritualmente significativo e venne scelto il periodo natalizio. Così, il 22 dicembre successivo, accompagnai il Papa nella caserma della Gendarmeria dove era recluso e poi li lasciai soli. Non ho mai saputo cosa si siano detti, ma ho visto Paolo molto provato e ho avuto la sensazione che si fosse reso conto di quanti danni la sua improvvida iniziativa avesse causato.
Per diversi anni non ne ebbi notizie, finché a metà novembre del 2020 mi telefonò la signora Ingrid Stampa per informarmi che Paolo era gravemente malato e per chiedermi se potessi andare a trovarlo. Per essere certo che fosse opportuno, domandai alla moglie e lei mi confermò questo desiderio. Lo trovai molto dimagrito e affaticato, ma fu molto contento di vedermi. Mi disse che voleva riconciliarsi in pieno con me, parlammo confidenzialmente a quattr'occhi e mi chiese di ricevere il Viatico; poi pregammo insieme con la moglie e i tre figli. Qualche giorno dopo, il 24 novembre 2020, morì e io, il cardinale Harvey e l'arcivescovo De Nicolò abbiamo assistito alla Messa funebre presieduta dal cardinale Konrad Krajewski. Successivamente non abbiamo fatto mancare qualche aiuto alla famiglia, con la discrezione del caso.

Pubblicato per Piemme da Mondadori Libri S.p.A.
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Ultimo aggiornamento: 15:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA