Città del Vaticano – Franco Battiato non aveva di certo paura della morte. «La morte per lui era trasformazione, era viaggio nel nuovo».
Battiato, com'è morto? La malattia misteriosa e quel post dell'amico che svelò la sua condizione
«Nel periodo in cui abbiamo lavorato insieme al docufilm era molto interessato anche alle teorie tibetane. Il fatto che ci potesse essere sempre la possibilità di ritornare in vita dopo la morte era certamente una di quelle cose che non escludeva assolutamente dal suo orizzonte, questo era abbastanza chiaro nel suo pensiero. Ma quello che conta più di tutto, secondo me, è che Battiato credeva più nel mondo dello spirito che nel mondo della materia. Sapeva che c'era la possibilità di aprirsi a un mistero spirituale di bellezza a cui la porta della morte avrebbe potuto dargli accesso, anche in modo definitivo. Di questo era fermamente convinto» spiega Bormolini che ha avuto modo di approfondire il tema della vita dopo la morte attraverso tanti incontri.
Racconta anche che Battiato ha avuto un suo percorso interiore molto ricco e che «si era aperto moltissimo alla mistica cristiana, contento di averne scoperto degli aspetti significativi. Poi aveva la passione di fare comparazioni, per cui notava delle peculiarità che trovava, magari, in altre esperienze mistiche di altre religioni. Questo faceva parte proprio del suo modo di ricercare. Era affascinato dalla tradizione della mistica cristiana. Ovviamente, visto il personaggio, manteneva chiaramente il suo pensiero un po' anticlericale, un po' antistituzionale».
Battiato viene definito dal religioso un «sincero ricercatore spirituale. Non è una caratteristica poi così comune oggi. Va di moda una sorta di spiritualità un po’ fai da te, un po’ da supermercato, mentre lui è sempre stato un onesto e sincero ricercatore spirituale e cercava il divino»