Il bersaglio grosso, ovvero lo scudetto, era già stato centrato dall’Inter di Conte e anche il dramma della retrocessione era già stato consumato con il ritorno in B del Benevento. Eppure, con soltanto l’Europa ancora in ballo, ancora una volta l’unica giornata in cui la serie A gioca le sue partite fondamentali in contemporanea ha fatto rimpiangere quando mettere la palla al centro simultaneamente era un’ovvietà. L’altalena dei risultati e dei verdetti è un condimento speciale per una pietanza, la serie A, ormai troppo spesso insipida.
Emozioni forti anche se l’Europa non è quella che conta, ovvero la Champions League, ma si tratta della neonata Conference League alla quale era rimasta aggrappata la Roma e alla quale sperava di approdare il Sassuolo, che si è sbarazzato di una Lazio ormai in vacanza e concentrata a decifrare il futuro. Lotito e Inzaghi devono far chiarezza e in fretta perché sono già in ritardo. Fonseca ha salutato con il suo stile: cordialità, educazione ma anche poca predisposizione per le battaglie che propone il calcio italiano. Anzi, il calcio di Italiano ovvero dell’allenatore dello Spezia che a fine gennaio aveva dato il via alla crisi dei giallorossi, con la clamorosa eliminazione dalla coppa Italia. Fonseca lascia con un pareggio in rimonta, dopo l’ennesimo primo tempo gettato via, utile per non fallire totalmente. Ma lascia a Mourinho una montagna di lavoro da fare, soprattutto nella testa dei giocatori che resteranno a Trigoria.
Nell’Europa che conta, ovvero in Champions, ci va la Juve ai danni del Napoli.
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