De Rossi: «La Roma non si rifiuta. Lotterò fino alla morte per la conferma»

L'allenatore giallorosso ha parlato ai giornalisti in vista della sfida con il Verona

Venerdì 19 Gennaio 2024 di Gianluca Lengua
De Rossi: «La Roma non si rifiuta. Lotterò fino alla morte per la conferma»

Daniele De Rossi raccoglie l’eredità di José Mourinho, ma senza paura. L’ex centrocampista ha l’obiettivo della riconferma: «Non ho firmato in bianco, ma ho accettato la cifra che hanno messo loro. Non ci sono condizioni, rinnovi automatici, è un contratto di sei mesi, ho chiesto di giocarmi le mie carte e gli ho chiesto di trattarmi da allenatore, di non fare la leggenda e di non fare il giro di campo con Romolo. Ma su questo era d’accordo. Sanno che io dal primo secondo in cui è arrivato la chiamata, me la giocherò fino alla morte per rimanere qui». Ecco la conferenza stampa integrale di Daniele De Rossi alla vigilia di Roma-Verona

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Coinvolgimento emotivo e sul campo, che tipo di lavoro ha impostato? Che Roma ha visto e che Roma vorrebbe?
«Quando cambia allenatore vedi giocatori che vanno a tremila all’ora.

I primi allenamenti ti danno una risposta fino a un certo punto, bisogna vedere fino a quando riusciremo a tenere questa intensità. Vanno a duemila, vanno forte, sono disponibili e sembra che assorbano quei tre o quattro concetti in più. Sembrano delle spugne e sono contento di questo». 

Ha sentito Totti? Cosa vi siete detti?
«Ci siamo sentiti, lui mi ha mandato il messaggio di in bocca al lupo, mi mostrava la sua felicità e stupore. Abbiamo parlato un paio di volte, adesso lui andrà in Cina e ci vedremo al più presto e passeremo un po’ di tempo insieme che è la cosa che mi fa più piacere al di là della Roma e di chi la allena». 

Qual è il problema che ha la Roma? E per cosa sarebbe contento a fine stagione?
«Sarei contento se a fine stagione saremo tra le prime quattro in classifica. Un obiettivo da puntare, non facile ma possibile. Quando cambia allenatore i problemi ci sono sempre, ci sono passato un anno fa. Un cambio non è così raro nel mondo del calcio, ci sono dei problemi che non devo analizzare troppo. Devo partire da zero e in tre o quattro giorni non è possibile analizzare tutto. Per motivi di tifo le partite le ho viste tutte, un po’ in mente qualcosa ho perché è la squadra che conosco di più al mondo. E magari abbiamo accorciato un pochino l’iter». 

Questo è il momento giusto per tornare alla Roma?
«Era il momento giusto per rifiutare la Roma secondo te? La Roma non si rifiuta è un po’ quello che è successo a Pirlo che è partito dall’Under 23. Ci sono uomini che rifiutano e uomini che si buttano dentro. Non è un discorso di vezzo o nostalgia del passato. Ho fatto un’analisi veloce dei valori di questa squadra e l’unica ragione per cui avrei detto no se la squadra era mediocre e scarsa. Penso che la squadra sia forte e penso che il lavoro che dobbiamo improntare mi aiuti anche a sviluppare la mia carriera. Dove, lo vedremo». 

Per cosa vorrebbe che fosse ricordata la Roma di De Rossi?
«La frase il mio calcio mi fa venire i brividi. Il calcio non è mio. Se lo dicesse Guardiola potremmo ascoltarlo, lo stesso vale per De Zerbi, Simeone, Conte. Non penso di essere al loro livello. Non ho quel marchio di fabbrica, ma gli allenatori bravi li riconosci da come gioca la squadra. Se la nostra squadra alla fine del nostro percorso sarà riconoscibile e saprà cosa fare. Venire ricordato come uno che fa giocare le squadre bene e le fa vincere mi basta e mi avanza». 

Si è parlato di Europa League come traguardo nel contratto? Cosa si è detto di una permanenza nel futuro?
«I presidenti sono stati chiarissimi sulla durata del contratto e sul tenore della mia permanenza qui. Io ho detto ok, mettete quella cifra e voglio un bonus per la qualificazione in Champions. Non ho firmato in bianco, ma ho accettato la cifra che hanno messo loro. Non ci sono condizioni, rinnovi automatici, è un contratto di sei mesi, ho chiesto di giocarmi le mie carte e gli ho chiesto di trattarmi da allenatore, di non fare la leggenda e di non fare il giro di campo con Romolo. Ma su questo era d’accordo. Sanno che io dal primo secondo in cui è arrivato la chiamata, me la giocherò fino alla morte per rimanere qui. Sarò allenatore che proverà a mantenere questo posto con un gioco pulito per meritarmi la riconferma. Sarebbe un sogno». 

Si è fatto un’idea su come difendere?
«Inizio a innamorarmi di questo lavoro con Spalletti. La botta finale l’ha data Luis Enrique. Per me questo tipo di allenatori che portano tanti allenatori in fase offensiva e difendono a quattro smi hanno folgorato. Questa è una squadra che gioca a tre, costruita per giocare a tre. Ci prenderemo fino all’ultimo minuto per decidere, penso che magari faremo delle rotazioni che possono essere farraginose. Non tolgo dalle opportunità di cambiare in corso di partita o di stagione. Dipenderà dalla strategia di gara e l’avversario». 

Ha l’impressione di essere preso come effetto calmante per la piazza? È uno stimolo in più?
«Non ho bisogno di stimoli in più e non mi stabilizza. Non sono stupido, dire scelta calmante è un modo un po’ moscio per definire la decisione. Un dirigente che deve rimpiazzare una allenatore così amato deve prendere in considerazione tanti fattori. Non sto dicendo che sono la scelta giusta però con altri allenatori la reazione sarebbe stata ancora più devastante nei confronti della squadra. I tifosi, soprattutto negli ultimi anni, hanno portato dei punti. Nessuno meglio dei tifosi della Roma è capace di amare due persone contemporaneamente. Non mi hanno scelto perché sono stati folgorati dai risultati della Spal. Calmante è brutto, ponderata in base a fattori ambientali, di leadership e altre cose è corretto. Se è giusta lo capiremo, sarà un’occasione per me per diventare l’allenatore che voglio diventare». 

Si aspettava che il giorno in cui allena la Roma sarebbe stato così?
«Non la sognavo così che mandano via l’allenatore più titolato della storia e prendono te. Non mi hanno forzato, non mi hanno messo la pistola alla tempia e mi aspettavo un processo più graduale. È pieno il calcio di allenatori entrati come traghettatori o presi ad interim. L’ultimo è Palladino che è stato preso per il breve e si sta dimostrando uno dei più bravi tecnici in Italia. Io mi sento allenatore della Roma, più in campo che negli spogliatoi. Non si toglie il rapporto di confidenza con gran parte dello spogliatoio. Penso che si possa rispettare senza fare finta. Non devo far finta che non voglio bene a Pellegrini o Cristante. Una persona mi ha consigliato di non venire con la mia macchina. Non devo far finta di essere povero. Loro mi ascoltano e mi seguono e gradiscono quello che sentono». 

Ha sentito Mourinho? 
«Gli ho mandato un messaggio, non di circostanza. Lui è stato uno dei primi a scrivermi quando ho firmato per la Spal. Se si era stufato bisogna chiederlo a lui, io posso pensare a quello che posso fare e migliorare. Fino ad ora ho parlato di tante cose oltre che di calcio, non vedo l’ora che questa cosa si normalizzi e di poter passare intere giornate a pensare al calcio». 

Si è fatto un’idea dei problemi principali dopo due anni e mezzo di Mourinho? Chi l’ha stupita di più?
«Sì qualche problema lo riscontravamo guardando le partite. Non penso che la Roma giocasse male, delle partite le giocava male altre bene. È questo sali e scendi che ha creato il distacco. Ha avuto delle alternanze sul rendimento in campo. Qualche domanda ce la stiamo facendo, ma non lo vengo a dire in conferenza stampa. Ero consapevole che i giocatori erano forti, dal vivo quando li vedi rimani impressionato. Quando vedi la palla toccata da Dybala, Lukaku, Pellegrini. Sono rimasto stupito da Pisilli, un giovane e mi ha impressionato e ammetto di avere la colpa di non conoscerlo dal vivo». 

Cosa c’è da non sottovalutare del Verona?
«Mille cose, il Verona innanzitutto. Allenata da un tecnico che ho stimato tanto che ha tenuto la barra dritta anche quando a Verona si parlava di cessioni e casini societari. È una squadra solida, giocatori di grande fisicità e che ha un gioco abbastanza definito e riconoscibile. L’emozione dell’esordio non deve farci brutti scherzi. Potrebbe esserci un po’ di malumore e dovremmo essere molto caldi sia noi che la gente fuori». 

Ultimo aggiornamento: 11:32
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