Va controcorrente Claudio Gentile, difensore azzurro campione del mondo nel 1982, nel parlare di Diego Armando Maradona, scomparso oggi a 60 anni. «Io non sono mai stato espulso, lui sì: e proprio in quel Mondiale '82», racconta 'Gheddafi', raccontando quel duello in Spagna senza paura di andare controcorrente. «Parlo solo del calciatore, non giudico l'uomo: la verità è che non accettò la sconfitta, e non volle scambiare la maglia.
Gentile nell'immaginario collettivo di quel Mondiale rimase come l'uomo che fermò, con una marcatura a uomo, prima Zico e poi El Pibe. «Ma il brasiliano alla fine scambiò la maglia, eppure l'avevo strappata, a lui e non a Diego come molti erroneamente ricordano - racconta all'ANSA l'ex difensore della Nazionale e allenatore dell'Under 21 azzurra - Maradona invece pensava di essere la ciliegina sulla torta di un'Argentina già campione nel '78: non si aspettava di essere fermato da me. Per questo non siamo mai stati amici, anche se gli ho mandato gli auguri per i 60 anni mentre era in ospedale».
Gentile racconta altri retroscena di quell'Italia-Argentina. «Per tutta la partita lui mi aveva provocato, anche con parolacce in argentino che io capivo, ma alle quali non abboccavo. Disse poi, in alcune interviste, che l'avevano picchiato: non era vero, e d'altra parte lui da solo ha vinto un Mondiale, nell'86... E poi io nella mia carriera non sono mai stato espulso per gioco falloso, lui invece sì, contro il Brasile per aver dato un calcio in pancia a un avversario».
Ma che tipo di marcatura fu? «Falli ne feci, certo, come sempre nel calcio: ma senza mai picchiare - ricorda ancora Gentile - Due giorni prima della partita, Bearzot venne nella mia stanza e disse: prendi Maradona. Pensavo scherzasse, non era il mio tipo di marcatura: dovevo andare su Kempes. Ma invece il 'Veciò non scherzava. Così mi misi a studiare Diego». Che era un giocatore immarcabile, o quasi. «Con i piedi faceva quel che voleva, inventava giocate imprevedibili di continuo - conclude Gentile -: per me è stato il più grande di sempre, più di Pelè che giocava un altro calcio, e Messi non è paragonabile...Per questo avevo capito che c'era solo un modo per fermarlo: mettersi sulla linea di passaggio e impedire che il pallone gli arrivasse. Ma questo non lo accettò mai. Riposi in pace».
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