L’ipotesi più suggestiva? Fare il presidente della Samp, ruolo che la nuova società gli ha offerto ormai da qualche settimana, ma Roberto Mancini non vuole lasciare il campo, almeno per ora.
L’IPOTESI FOLLE
L’ipotesi più folle? Che sostituisca Luis Enrique al Psg alle prossime insofferenze dello spagnolo, già salvato dal club francese qualche giorno fa, quando stava per andarsene. Sul fatto che Roberto voglia continuare non ci sono dubbi, ma al momento non ha avviato alcuna trattativa con club e federazioni straniere perché la decisione di lasciare la Nazionale, nonostante un ricco contratto fino al 2026, è stata presa solo negli ultimi giorni, comunque dopo la rivoluzione targata Figc e controfirmata da lui soltanto per il rispetto dei ruoli. Ma il 3 agosto, dopo l’annuncio con cui a Mancini veniva consegnato tutto il club Italia, aveva cominciato a rimuginare sul futuro azzurro senza al suo fianco uomini importanti, che lo avevano accompagnato per una vita, da Roma fino in Russia, da Milano a Istanbul passando per Manchester. Nella rivoluzione imposta dal presidente Gravina, Mancini aveva perso, tra gli altri, Lombardo (under 20), Nuciari (vice di Battara, capo dei preparatori dei portieri) e Di Salvo (preparatore atletico). Tutti spostati ad altri incarichi e non più sul campo con la nazionale. E alla Figc Mancini aveva anche chiesto di dare un ruolo importante a Evani, che di fronte all’offerta della nazionale femminile ha preferito lasciare il club Italia. Prima di lui aveva lasciato anche Sandreani, il capo degli osservatori a cui era scaduto il contratto e che per il ct era un punto di riferimento importante.
IL NODO DELLO STAFF
Come si è chiesto il ministro Abodi, erano tutte decisioni prese di comune accordo o che Mancini aveva in qualche modo contrastato fino alla riunione decisiva del 3 agosto? Serviva un rinnovamento, è vero, in vista di qualificazioni europee e dei prossimi mondiali, ma il ct avrebbe accettato i nuovi (Buffon, Barzagli, Bollini e Gagliardi) confermando tutti i vecchi, con cui avrebbe lavorato con maggiore sicurezza. È stato in quel momento che Mancini si è sentito più solo e meno stimato: aveva accettato la responsabilità tecnica dell’intero club Italia ma non riusciva a capire perché avrebbe dovuto liberarsi di quasi tutto il suo staff, destinato ad altri incarichi. Riflessioni profonde, che hanno causato la rottura: in Federcalcio, nonostante un ruolo di grande prestigio, si sentiva in bilico, sotto esame costante dopo la sconfitta contro la Macedonia, quando si sarebbe dimesso se Gravina non lo avesse fermato e anche difeso di fronte all’opinione pubblica. Non lo ha fatto venerdì sera, quando l’ex ct gli ha telefonato da Mykonos per comunicargli la sua decisione di lasciare. E ora? Vacanza in Grecia fino al 16 agosto, il rientro a Roma, un blitz nella sua villa di Saint Tropez e poi le riflessioni sulle probabili offerte che gli arriveranno dall’estero. Mancini sogna un ritorno in Premier, ma forse è troppo presto perché il campionato è appena iniziato. Tra i suoi obiettivi, in passato, c’erano Psg e Real Madrid. L’Arabia lo può convincere solo con tanti soldi, non certo con traguardi sportivi, proprio come ha fatto con Ronaldo, Benzema, Milinkovic e tutti gli altri campioni che sono sbarcati nella nuova frontiera del calcio. E si parla di centinaia di milioni.
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