I tormenti del morigerato Lotito: spese pazze per rispondere alla Roma

Venerdì 4 Giugno 2021 di Andrea Sorrentino
Claudio Lotito con a sinistra il ds Igli Tare

«Vitor Pereira, chi era costui?». Par di vederlo, Claudio Lotito, mentre dalla poltrona presidenziale in pelle umana, anziché dal seggiolone di don Abbondio, si arrovella sull’ultimo allenatore entrato nei radar, e intanto accoglie consigli e informazioni, imbastisce casting o cancella candidati con furia iconoclasta. Con Vitor Pereira, per ora appena uno Special Three, ossia il vice del vice di Mourinho per giunta da tre anni disperso a Shanghai, si sono visti e parlati, mentre altri li ha segati prima, senza colloquio. 
MALEDETTA ROMA...
Ma il turbine di telefonate e di attivismo degli ultimi giorni, e gli incontri, o i nomi di Gotti, Italiano, Villas Boas, Mihajlovic, Mazzarri, Pirlo e persino Dionisi che svolazzano sulla Lazio, forse nascondono solo il tentativo di Lotito di sfuggire al proprio destino, che si è compiuto lo scorso 4 maggio quando la Roma ha attaccato il cappello su Josè Mourinho. Da quel giorno la questione è diventata soffocante, un nodo scorsoio. La realtà inaccettabile per il presidente della Lazio è che per rispondere a Friedkin deve snaturarsi, cancellare 17 anni di convinzioni radicate e ingaggiare Maurizio Sarri, da usare come l’acqua santa in un esorcismo in cui il demone da scacciare parla tante lingue insieme, ha un ghigno ben conosciuto e viene da Setubal. 
LA PRIMA VOLTA
Sarri è il primo passo più lungo della gamba, dopo una vita di temperanza: con il suo carico di gloria e di estimatori, e per sovrappiù uno scudetto e una Europa League nel palmarès, sarebbe il primo allenatore non sostenibile dell’era Lotito, per stipendio e per lignaggio. Mai Lotito è arrivato a pagare 6 milioni lordi (più bonus) un tecnico, senza contare lo sproposito che ormai costano gli staff: la Lazio arriverebbe a spendere per gli allenatori circa il 10% del fatturato, per lui è un’assurdità. E mai un allenatore, mediaticamente e per valore assoluto, è stato più grande della Lazio. Lui ha sempre preferito formarli, i tecnici, non a caso è partito da Caso per poi dirigersi su Papadopulo, Delio Rossi, Reja o Ballardini, o quando proprio osava su Pioli. I suoi più grandi successi sono stati Petkovic e Inzaghi: arrivati nudi, cresciuti mollichella mollichella e poi volati via dal nido. Tutto, sempre, all’insegna della sostenibilità e della morigeratezza. 
SUDORI FREDDI
Ora invece gli tocca diventare un presidente come quelli che ha sempre sfidato, spendaccione e sognatore.

E quando Sarri gli chiederà, perché lo farà, un paio di attaccanti esterni e magari un centrocampista di livello? Altri sudori freddi. Che giornatacce, presidente.


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