Mourinho: «Parlo a nome della società. La gente pensa che io sia Harry Potter»

L'allenatore ha parlato oggi in conferenza stampa: «La Champions è distante solo quattro punti, stiamo lottando per qualcosa di difficile»

Sabato 13 Gennaio 2024 di Gianluca Lengua
Roma, Mourinho: «Parlo a nome della società. La gente pensa che io sia Harry Potter»

È un fiume in piena José Mourinho dopo il derby perso di Coppa Italia e alla vigilia del Milan. Apre la conferenza senza domande, spegnendo le polemiche su una sua assenza durante l’allenamento. Poi il tecnico parla ai tifosi, fa attacchi individuali senza fare nomi, giustifica il gruppo e parla al nome della società: «Io sono anche la società. Non ho incarico alto della società, ma sono la società. Mentre sono qui mi considero della società, le mie parole sono quelle che la gente fuori vuole sentire. C’è un allenatore che basta il suo nome alla gente per pensare che si chiami José Mourinho Harry Potter e non José Mourinho Felix e alza subito il livello di esigenze e aspettative.

Ma la verità è che stiamo lottando per qualcosa che è molto difficile e nessuno però potrà dirci che non possiamo farlo». Ecco la conferenza stampa integrale di José Mourinho alla vigilia di Milan-Roma:

«Sono qui da due anni e cinque mesi e in due anni e cinque mesi sono l’unica persona in questo palazzo che non ha perso un minuto di una sessione di allenamento. Per me non ci sono malattie, buoni o cattivi umori, svegliarmi presto o tardi. Per due anni e mezzo più o meno non ho sbagliato nulla, nemmeno due settimane fa quando ero l’unico che lavorava. Due mesi fa avevo bisogno di un giorno per una situazione che non devo spiegare. Ho spiegato alla proprietà e al direttore Pinto, in un momento così di partite viaggi e allenamenti e abbiamo stabilito che il giorno in cui non dovevo essere presente era quello dopo una partita e una settimana in cui si giocava da mercoledì a domenica. Sono stato fuori Roma per 15 ore, mi sembra un po’ ridicolo giustificare questo, ma non accetto in nessun modo che la mia professionalità, dignità per il mio lavoro e per il club vengano messe in discussione. Non è giusto perché se c’è l’esempio perfetto di professionalità sono io. Non ho mai perso una partita, non sono stato mai malato. Era un allenamento di recupero per la gente che ha giocato, un allenamento per sei giocatori che non hanno giocato e l’allenatore poteva anche non esserci con permesso della proprietà e del direttore. Mi sembra drammatico ridicolo doverlo giustificare invece di rispondere alle domande». 

Dybala, come sta? Nessuna lesione per l'argentino, solo un sovraccarico al flessore

Come si riparte?
«Domanda facile. La partita è finita e abbiamo perso. Abbiamo fatto cose bene e non bene, le cose non buone le abbiamo analizzate ieri sempre alla ricerca di poter migliorare all’interno delle nostre limitazioni. Ripartiremo come ho fato sempre in 23 anni, con la prossima partita. Non c’è altra storia».

Che Milan si aspetta?
«Una squadra che gioca per il titolo che ha vinto lo scudetto due anni fa e gioca per vincerlo quest’anno. La distanza puntuale tra loro e Juventus e Inter non sarà facile da colmare. È quella squadra che ha perso qualche giocatore importante per infortunio nella zona difensiva. Centrocampo e attacco sono lì, dietro ha perso due o tre giocatori ma ne ha presi altri due per cercare di trovare la soluzione. Una squadra che vuole vincere dopo la sconfitta in Coppa che per loro è un obiettivo. Metteranno tutto su questa partita, conoscono le nostre difficoltà, sembra che tutti le sappiano. Magari qualche giornalista non lo sa, ma tutti sanno le difficoltà che noi abbiamo, ma noi andremo lì. Ho parlato con qualche giocatore di gioco e dell’atteggiamento, ho lealtà nel confronto con i miei calciatori e per questo non c’è niente che qualche persona vorrebbe dire ai miei giocatori che io non ho detto».

Sulla Coppa Italia
«Per me è chiara la differenza tra le difficoltà e utilizzare le difficoltà vere per giustificare qualcosa che non dobbiamo fatto. Io su questo non mi risparmio, evito di dire i nomi perché so chi sbaglia individualmente, ma la direzione è sempre una e cioè dire che la responsabilità è dell’allenatore. Ieri riunione dura, dura soprattutto per qualcuno. Dal punto di vista collettivo sono stato chiaro, difensivamente la squadra è stata perfetta, ha sofferto un gol e poi abbiamo trasformato una rimessa laterale in un calcio d’angolo. E dopo un rigore di un bambino di 18 anni con 55 minuti di Serie A. Non ho mai detto che non è rigore, ma che è un rigore dei tempi moderni. E i tempi moderni dell’arbitraggio proteggono più il gioco rispetto a 20 anni fa. Nell’allenamento dopo la riunione c’erano solo sei giocatori ad allenarsi. È difficile andare in campo e migliorare. Il messaggio è rimasto lì, c’è gente che obbligatoriamente deve dare di più». 

Aveva chiesto un dirigente che potesse affiancarla, ora che c’è la rabbia dei tifosi, come è possibile che nessuno della società abbia detto nulla?
«Io sono anche la società. Non ho incarico alto della società, ma sono la società. Mentre sono qui mi considero della società, le mie parole sono quelle che la gente fuori vuole sentire. Voglio essere leale e corretto, non è solo un dovere ma anche un mio modo di essere. In questo momento le mie parole sono molto obiettive. Non so quanti derby ho giocato, 150/200. Sono state per me partite speciali, ho vinto, pareggiato o perso sempre con un modo diverso di viverla. Ho sempre capito che per un tifoso del Chelsea giocare con l’Arsenal non è come giocare con il Manchester City. Per un interista giocare contro la Juve non è lo stesso che giocare contro la Roma. E a Roma ho capito cosa significa il derby. Il derby che abbiamo vinto è pesante, perché di umiliazione. Il derby che abbiamo perso è per un dettaglio o un errore arbitrale o nostro. Lo abbiamo sempre fatto con la dignità di chi dà tutto e siamo sempre usciti con la testa pulita. In questo derby dove la sensazione è che qualche giocatore doveva dare di più, anche così abbiamo finito la partita con due grandissime opportunità di pareggiare. Quello che dico io è che l’orgoglio di essere romanista e lavorare per loro è presente qui dentro. Però è nel campo che devi mettere negli occhi della gente questo atteggiamento extra che va contro tutto e tutti».

Sulla situazione
«Capisco che la gente non è contenta per qualche situazione che per me è fuori del contesto, ma che alla fine non lo è. Non è uno sport individuale, ma collettivo dove l’atteggiamento di A o B ha influenza sul collettivo. Di chi è la responsabilità? Mia, dei giocatori o della situazione che non mi permette di far giocare un altro? È una situazione multifattoriale. Sempre nella correttezza e nei confronti, qui dentro, e penso sempre di parlare internamente, non mi risparmio e molte volte parlo di me stesso. Io chiedo ai giocatori di fare meglio, mi devo mettere anche io nella posizione in cui devo fare lo stesso e anche io devo fare autocritica. Parlando ai giocatori ho ricordato una partita in cui io e miei analisti potevamo fare meglio. Quando vado in partite in cui la mia sensazione è aver lavorato bene al 100%, mi sento tradito anche io dalle situazioni individuali che hanno punito la squadra. Abbiamo due periodi difficili in questa stagione. Il primo sono le prime partite di campionato con 9 punti sul tavolo e ne abbiamo preso uno per i calciatori indisponibili e infortunati. Ora abbiamo quattro punti dalla Champions, in questo periodo si è giocato Juventus, Atalanta, Fiorentina, derby, Milan con un gruppo ristretto di giocatori».

Sulle difficoltà
«Dimenticare le difficoltà del nostro momento è pazzesco. Come abbiamo vinto contro la Cremonese, come ha giocato la difesa con Cristante che non è un centrale, il bambino che aveva 10 minuti di Serie A, poi Llorente che non gioca il derby, gioca Mancini nel centro perché non ce ne sono altri. Se la gente vuole ignorare questa situazione non è giusto. È qui che devo difendere il nostro gruppo, è un gruppo di gente seria, lavora e soffre per il risultato. Abbiamo perso il derby, c’è un campionato da giocare e siamo a quattro punti dall’obiettivo. Se guardi le squadre che devono arrivare tra le top 4 non siamo noi, ma siamo la Roma. Con i tifosi più incredibili che ho mai visto nella vita. C’è un allenatore che basta il suo nome alla gente per pensare che si chiami José Mourinho Herry Potter e non Jsoé Mourinho Felix e alza subito il livello di esigenze e aspettative. Ma la verità è che stiamo lottando per qualcosa che è molto difficile e nessuno però potrà dirci che non possiamo lottare. In questa partita contro il Milan saremo lì a mettere la faccia come sempre. Mi dispiace non essere in tribuna in uno stadio dove non sono il benvenuto, farò il mio lavoro al massimo con tutto quello che abbiamo e la certezza che i ragazzi daranno tutto». 

Dybala c’è?
«Penso di no». 

Come si risolve il problema nella testa dei giocatori quando Dybala non c’è?
«Trovare le soluzioni per giocare senza Dybala, non è lo stesso per Guardiola trovare la soluzione quando non gioca Halland, perché quando non c’è lui gioca Julian Alvarez. Non è lo stesso per Pochettino che se non ha Sterling gioca Modric. Non è lo stesso per Kloop che quando non gioca Luis Diaz gioca Jota e se non gioca Jota gioca Nunes c’è Darwin Núñez. Io ripeto che non sto incolpando nessuno, sto incolpando quelli che non capiscono. La Roma vive una situazione del financial fair play e mette al club grandi limitazioni. Questo si vede in campo e nelle difficoltà. Non si può nascondere, la Roma ha fatto uno sforzo economico per avere Smalling. Non ce l’ha e non può averne un altro. La Roma ha fatto uno sforzo per avere in prestito Renato Snches e non c’è. Non possiamo averne due perché i paletti non ti permettono di averne un altro nella stessa posizione e che sia disponibile. Dybala è un giocatore speciale che negli ultimi anni ha giocato in una squadra con altri speciali come lui. Quando non poteva giocare ce ne erano altri. Qui per le sue caratteristiche non ce ne sono altri. La partita contro la Fiorentina sembrava da 3-0 dopo 20 minuti, va via e cambia. Non sono Belotti, El Shaarawy, il ragazzino Joao Costa che sarà convocato e magari gioca, a fare le connessioni. La Roma senza Dybala è diversa, c’è poco altro da dire». 

Ci saranno scelte importanti dopo la partita contro la Lazio?
«La squadra non sarà la stessa, non giocherà titolare. Farò qualche cambio, ma non esiste l’intenzione di punire né di dare l’attenzione su un singolo. C’è da costruire un puzzle tattico e mentale che ci consenta di competere. La squadra più tattica è quella con meno capacità sul livello tecnico. Siamo una squadra che si focalizza sull’organizzazione del suo gioco. Siamo pochi, Azmoun e Paulo sono pochi. Io sono qui perché non ci sarò dopo la partita. Nella prossima settimana non ci sarò, sono qui per esprimere ai tifosi quello che avete detto prima. Se c’è qualcuno che può dare una spiegazione sono io che devo stare in conferenza stampa anche per regolamento». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA