Max Calderan, La Linea nel deserto: «Così ho attraversato per primo la zona più arida del mondo, 1.100 km nel nulla»

Giovedì 15 Luglio 2021 di Vittorio Pierobon
Max Calderan, La Linea nel deserto: «Così ho attraversato per primo la zona più arida del mondo, 1.100 km nel nulla»

La scorza è durissima, muscoli d'acciaio e polmoni potenti, ma dentro c'è un cuore più tenero di quanto ci si possa aspettare.

Max Calderan, l'uomo che è stato capace di percorrere da solo 1100 chilometri attraverso il Quarto Vuoto, l'inesplorato deserto del Rub' al-Khali, racconta la sua vita mettendo a nudo anche le sue debolezze, nell'autobiografia che sta uscendo in questi giorni, La linea del deserto (Gribaudo editore), scritto a quattro mani con Simona Recanatini. «Debolezze che in realtà sono un ulteriore punto di forza, perché i figli, la moglie, la famiglia rappresentano la motivazione più grande per resistere, quando pensi di essere allo stremo delle capacità psico-fisiche. Devi resistere per loro che ti aspettano».


ALL'AVVENTURA
La storia di Massimiliano Max Calderan è piuttosto nota, ormai è diventato un personaggio. Il figlio del deserto, come lo chiamano gli arabi, anche se è nato a Portogruaro 54 anni fa, ha nel suo palmarès 14 prime mondiali di esplorazioni desertiche. È passato dove prima nessuno lo aveva fatto. O meglio, nessuno era tornato per raccontarlo. Imprese che sembrano oltre i limiti umani: l'attraversamento del deserto per 90 ore consecutive senza fermarsi, in Oman lungo la linea del tropico del Cancro, e il cammino di 360 chilometri in 75 ore, percorsi in estate in Arabia Saudita. Le sue non sono prestazioni agonistiche, ci tiene a chiarirlo, ma esplorazioni. Non va a caccia di record, ma di esperienze scientifiche. Vuole conoscere i limiti del corpo umano. Li sperimenta direttamente sul suo corpo, supportato da un'equipe altamente qualificata che monitora tutte le sue performance, pronta ad intervenire in caso di emergenza. Anche se prestare soccorso ad uomo in mezzo ad un deserto, più grande di Francia, Belgio e Paesi Bassi messi assieme, non sarebbe stato facile. Quello che stupisce, leggendo il libro, è la resistenza sovrumana di quest'uomo alla fatica e alle condizioni estreme. È in grado di percorrere 100 chilometri nel deserto in un giorno senza mangiare, dormire e soprattutto bere. Ha temprato il suo fisico, lo ha allenato sin da bambino. Del resto lui già all'età di sette anni aveva deciso che avrebbe attraversato il Rub' al-Khali, quasi un predestinato. Lo racconta sempre.


L'AMBIZIONE
Per la verità il primo obiettivo sarebbe stato il pianeta Marte, poi ha ripiegato su qualcosa di più vicino, ma altrettanto estremo. «Del resto erano tutti e due luoghi dove l'uomo non era mai arrivato». La sua vita è stata tutta finalizzata a questo traguardo che, finalmente, ha raggiunto all'inizio del 2020, mentre stava scoppiando la pandemia. In quei giorni era l'unico uomo al mondo a non rischiare il contagio da Coronavirus. Ha preparato per anni il suo fisico, lo ha allenato dapprima in maniera empirica: da ragazzino d'inverno usciva in maniche corte e calzoncini, d'estate invece con il piumino, dormiva per terra su un letto di sassi, durante l'intervallo al liceo saliva e scendeva le scale in continuazione, zavorrato con 10 chili di bulloni cuciti nel gilet, durante le lezioni stringeva una pallina da tennis per rinforzare la muscolatura dell'avambraccio. I compagni di scuola pensavano a rimorchiare le ragazze, lui a scalare le montagne della Pedemontana friulana. «Ero diverso, fuori di testa». E Max si riconosce nelle parole di Mi si escludeva di Vasco Rossi, uno dei suoi punti di riferimento. Hanno in comune una vita spericolata. Quello che ha fatto Max nella sua vita fa venire i brividi, soltanto a leggerlo. E soprattutto non va imitato. Lui è di un altro pianeta.


I RICORDI
A Piancavallo c'è ancora chi ricorda quando si gettava, con gli sci ai piedi, giù da un canalone con pendenza del 60 per cento. Lui ringrazia l'angelo custode, che ha avuto davvero molto lavoro: più volte è stato al limite del non ritorno, aggrappato ad una cengia o disperso tra le dune. Anche se l'incidente peggiore è accaduto facendo uno sport tranquillo, per i suoi standard, il judo. La frattura di due vertebre cervicali che a quindici anni poteva lasciarlo paralizzato. La ripresa è stata prodigiosa e la riabilitazione in stile Calderan: su e giù per le scale con due casse d'acqua. Una vita, la sua, tutta protesa al totale dominio del proprio corpo. «Allenamenti massacranti, sacrifici inenarrabili, sperimentazioni da alchimista, esperimenti alimentari debilitanti, sofferenze e privazioni fisiche oltre ogni immaginazione. Tutto questo per arrivare ad essere libero dalla dipendenza fisiologica e naturale dal cibo, dall'acqua e dal sonno. Volevo dominare il mio corpo a piacimento».


TANTO ALLENAMENTO
Obiettivo centrato con l'allenamento, ma anche con gli studi (laureato in Scienze Motorie, grande esperto in Microbioma intestinale e specializzato in genetica avanzata). Corpore sano, ma anche mens sana. Il racconto della sua vita è affascinante ed emozionante. Non c'è solo l'uomo duro, capace di resistere alle prove estreme, emerge anche il lato umano. Max scopre i veli del suo privato. L'infanzia, senza la presenza di un padre che non ha mai conosciuto, con la sporadica apparizione di un uomo che non l'abbracciava mai e che oltre a non essere il suo genitore, nascondeva una doppia vita. Il suo rapporto con i figli, il dramma di aver perso per anni Assia, scomparso e ritrovato quando aveva sette anni, dopo terribili vicissitudini che Max, giustamente, non descrive. Lo splendido legame con Valentina, la donna, la moglie, che lo ha supportato in tutte le scelte e sostenuto nei momenti più difficili. «Senza di lei, non ci sarebbe nemmeno questo libro». E non ci sarebbero nemmeno Leon e Pepe, i figli che hanno avuto assieme. È per loro che Calderan, dopo la conquista del Quarto Vuoto, ha lasciato i Paesi Arabi ed è tornato a vivere a Udine. Per dare ai figli la possibilità di crescere serenamente in un ambiente meno complicato. Anche se saranno sempre figli del mondo, perché l'orizzonte di Max è molto ampio ed è difficile immaginarlo in pantofole seduto in poltrona. C' è sempre Marte che aspetta.
 

Ultimo aggiornamento: 13:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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