Luca Colangelo, l'asso del Subbuteo che punta a scrivere il proprio nome nella leggenda

Il campione del mondo in carica della rappresentazione più fedele del calcio, ideata 75 anni fa dall'ornitologo Peter Adolph, si racconta prima dell'inizio della Champions League (29-30 ottobre a Reggio Emilia)

Venerdì 28 Ottobre 2022 di Leonardo Maltese
Luca Colangelo, l'asso del Subbuteo che punta a scrivere il proprio nome nella leggenda

Vivere in punta di dito: Luca Colangelo da quando ha iniziato non ha mai smesso. È lui il campione del mondo in carica di calcio da tavolo, meglio noto come Subbuteo. Classe 1996, il piemontese ricopre la posizione numero 1 del ranking internazionale. Qualora vincesse la Champions League (si giocherà il 29-30 ottobre a Reggio Emilia, 9 le squadre italiane coinvolte) riuscirebbe nell'impresa senza precedenti dell'en plein di titoli in una singola annata. «La mia passione per il gioco nasce all’oratorio Don Bosco del Valentino di Casale Monferrato, che da piccolo frequentavo con i miei amici.

In parrocchia mi divertivo a giocare a scacchi ma una volta conosciute le miniature non c’è stata storia».

Grazie ai rapporti umani nati nel corso di quegli anni attorno ai panni verdi, non se ne separa più. «Ai videogames abbiamo sempre preferito le sfide analogiche. Nel Subbuteo sei portiere, difensore, centrocampista, attaccante, uomo assist, cannoniere. Hai il controllo totale. Nel digitale tendenzialmente comandi un giocatore e il resto della squadra si muove tramite un’intelligenza artificiale. Nel nostro mondo il fattore umano conta di più: la tattica e la strategia, oltre all’abilità con le dita, hanno un peso maggiore. È un’esperienza molto più intima». Un approccio diverso che si riflette nei dettagli. «Le squadre del Subbuteo te le scegli, curi e conservi come reliquie. Qualcosa di imparagonabile al cd che inserisci in una console o ai personaggi virtuali che sblocchi progredendo di livello. L’immaterialità non è così appagante».

Dall'estate del 2015 milita nelle Fiamme Azzurre Roma. Il club, fondato nel 2007, è partito dalle serie inferiori del movimento agonistico italiano scalando velocemente le categorie. La prima partecipazione in Serie A risale al 2011, poi nel 2012 è arrivata la vittoria all'esordio in Champions League, ad Atene, contro la formazione di casa dell'Atlas. Quindi il primo scudetto nel 2016. Da allora sono stati cinque i titoli nazionali vinti. Colangelo ne ha conquistati quattro consecutivi da protagonista, firmando un record assoluto.

«A 19 anni mi hanno accolto alla grande. Prima che arrivassi avevano già uno squadrone: il mio innesto è stato il valore aggiunto che ha permesso al collettivo di eccellere definitivamente. Sono cresciuto sportivamente con due ex campioni mondiali come Juan Noguera e Alberto Mateos. Se adesso il più forte sono io, lo devo molto ai loro insegnamenti». Finora si è dimostrato glaciale nelle sfide che contano: una caratteristica tirata fuori nella sua carriera agonistica da calciatore negli allievi del Casale. «Se non mi fossi fratturato il bacino, avrei potuto giocarmi le mie chances per entrare nelle giovanili del Torino. La società aveva espresso un interessamento per farmi fare un provino. Ma evidentemente non era destino».

Si è rifatto alla grande con la rappresentazione più fedele del calcio, ideata 75 anni fa dall'ornitologo Peter Adolph. «Le sensazioni che ti lascia addosso sono simili a quelle che si vivono sui campi in erba o sugli spalti degi stadi. Si percepisce la stessa magia». Colangelo, che quest'anno con 101 gol segnati ha vinto anche la Miniatura d'oro della Serie A, non intende fermarsi e lancia un messaggio ai ragazzi della Nazionale di Roberto Mancini. «Dispiace non poter vedere l'Italia ai mondiali di calcio. Oltre a sudare per la maglia, lì dove non arriva la tecnica, l'unico consiglio che mi viene da dargli è quello di tornare a divertirsi per davvero. È una componente fondamentale per arrivare al successo».

Ultimo aggiornamento: 19:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA