Golf, Chimenti: «Tiger Woods a Roma? Il sogno è possibile. E il Marco Simone sarà terra di culto»

Parla il numero 1 della Federgolf: "L'Open è stato un successo ma ora abbiamo un nuovo obiettivo. Cosa ci manca di più? Un trascinatore"

Mercoledì 21 Settembre 2022 di Alessandro Catapano
Golf, Chimenti: «Tiger Woods a Roma? Il sogno è possibile. E il Marco Simone sarà terra di culto»

Presidente Franco Chimenti, lei è l'uomo delle sfide (apparentemente) impossibili: dopo aver portato la Ryder Cup a Roma e Rory McIlroy al Marco Simone, siamo sicuri che sia già concentrato sulla prossima sfida, non è vero?
«In effetti sì, ma non fatemi dire altro».

Ci dia almeno un indizio...
«Dico solo che quanto avete visto in questo Open d'Italia sarà ampiamente superato da quello che vedrete al prossimo».

Maggio 2023, sarà l'edizione numero 80, proprio a ridosso della Ryder. E in campo vedremo...?
«Gli americani, alcuni dei più forti.

Non ripeteranno l'errore commesso a Parigi, dove non conoscevano il campo, e infatti hanno perso di brutto, se a questo giro vogliono competere per la Ryder. Stiamo incastrando la nostra data con quelle del Pga Tour, ma verranno, parola di Franco Chimenti».

Presidente, esageriamo: Tiger Woods è un sogno impossibile?
«Niente è impossibile».

Se venisse nominato vice capitano del Team Usa, Woods sarebbe quasi costretto a fare un sopralluogo, diciamo così, al Marco Simone...                       

«Lo avete detto voi. Io posso solo dirvi che è un mio sogno e come avete visto i sogni a volte riesco a realizzarli».

Intanto gli appassionati si sono goduti quattro giorni di McIlroy, uno spettacolo nello spettacolo.
«Lui e la moglie si sono innamorati di Roma. Nel 2017, quando facemmo l'Open a Monza, Rory venne a Milano, ma solo per lo shopping. In campo non si fece vedere. Qui, al Marco Simone, ha fatto fuoco e fiamme per vincere, entusiasmando il pubblico. Gli è stata fatale la buca 16, una di quelle da cui si vede la Cupola di San Pietro. Gli architetti (Tom Fazio e Jeremy Slessor, ndr) sono stati bravissimi, ma oggi chi ha un campo di questo livello da cui si vede Roma?».

A proposito di pubblico, abbiamo visto finalmente tanti giovani, italiani e anche romani in campo.
«È stato un successo enorme, superiore alle aspettative. La scelta di consentire l'ingresso libero ha pagato, abbiamo avuto circa ventimila spettatori in quattro giorni. E anche i numeri dell'Open sui social sono triplicati rispetto allo scorso anno».

Parliamo del campo, promosso a pieni voti?
«Certamente, ha messo in difficoltà tutti. Presentarsi all'ultimo giro con un -10 è da grande campo mondiale. E l'anno prossimo sarà ancora più impegnativo. Sarà un altro grande Open, un duello tra europei ed americani, un antipasto della Ryder Cup».

Ecco, parliamone: come procede l'organizzazione?
«Il campo è già in ordine, il Marco Simone della nostra amica Lavinia Biagiotti è un gioiellino, e se ne sono resi conto tutti. Ora bisogna impegnarsi per sistemare le zone circostanti e le strade. Lo staff guidato dal nostro dg Gian Paolo Montali sta lavorando perché tutto sia fatto come deve e nei tempi giusti, ma ovviamente non dipende solo da noi».

Presidente, diciamolo onestamente: la viabilità è ancora una grande incognita. È preoccupato di come ci si sposterà tra Roma e Guidonia e, soprattutto, di quanto tempo ci si metterà?                                                           

«No, perché abbiamo sottoscritto degli accordi con le istituzioni, a cominciare dalla Regione, e mi auguro che vengano rispettati. Anzi, ne sono convinto».

Il golf è cresciuto tanto in questi anni, eppure dei circa 250mila spettatori che si prevedono per la Ryder del prossimo anno gli italiani saranno una percentuale piuttosto bassa, diciamo il 10%. Cosa manca al golf per diventare popolare anche da noi?                                                                               

«Probabilmente in questo momento ci manca un trascinatore. Ecco, se avessimo il Molinari del 2018 sarebbe tutta un'altra storia, ma io penso che Chicco tornerà presto a quei livelli. E poi abbiamo giovani eccezionali, come Filippo Celli, che esploderanno presto, magari in tempo per entrare nel team Europe. Vedete, non tutti sanno che a livello dilettantistico l'Italia nel golf è una potenza mondiale, abbiamo vinto tutto in questi anni».

Che tipo di eredità lascerà la Ryder Cup?
«Non voglio parlarvi di infrastrutture, o di strade. Dico solo questo: dopo il torneo, il campo diventerà terra di culto, come un museo, o un monumento. Ci sarà una corsa a visitarlo, e a giocarci. Vedete, questo rende unico il golf: tu al Maracanà o all'Olimpico non puoi giocarci, al Marco Simone sarà possibile, anche se credo che di questo passo bisognerà prenotarsi con due anni di anticipo». Già, ma vuoi mettere poter dire un giorno di aver puttato sullo stesso green di Tiger Woods?

 

Ultimo aggiornamento: 11:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA