Salvatore Samperi, gli ottant'anni (o forse 81) dalla nascita del regista che ha narrato i vizi della borghesia con inconfondibile "Malizia"

sabato 7 dicembre 2024, 11:07

"Liquirizia"

Un innocuo pasticcio che viene pubblicizzato nelle locandine con l'immagine della Bouchet in déshabillé che succhia vogliosamente una liquirizia. Ormai destinato a far successo di botteghino con il soft erotico (il suo cinema venne definito "erotismo da serratura italiano"), e sicuro di aver indovinato il format, nel '81 dirige "Casta e pura", di nuovo con la "sua" attrice: la Antonelli; e, successivamente "Fotografando Patrizia" con Monica Guerritore (ambientato in un palazzo a Chioggia), e nel '86 "La Bonne" con il quale lancia l'attrice francese Florence Guérin.

Nel frattempo, l'Italia è cambiata, è più permissiva, e nei cinema si può accedere facilmente a film "erotico-ginecologici", ma Samperi non cede, e nel 1991 firma il sequel di "Malizia" tornando a mettere in scena il corpo della Antonelli che aveva raggiunto ormai un'età per interpretare parti meno scosciate. Tant'è, che il produttore, a detta dell'attrice, la costrinse a un intervento estetico disastroso (ebbe una violenta reazione allergica al collagene iniettatole nel viso e ne uscì sfigurata e in crisi depressiva) a cui seguì la denuncia dell'Antonelli anche a Samperi.

Il film fu un insuccesso e il regista si "ritira" nei più tranquilli filmati televisivi. «Sono sempre stato incoerente. E confuso. Anche come autore di film - dichiarò Samperi in un'intervista - La mia carriera, da "Malizia" in poi, non mi fa pensare a un brusco mutamento di rotta, né a un ritorno indietro. Prima di "Malizia" ho realizzato dei film solo per me e per gli addetti ai lavori, senza ottenere nessuna attenzione, o quasi, da parte del pubblico. Poi mi son messo d'impegno per raggiungere un pubblico più vasto». Muore a Viterbo (e non a Roma come spesso si scrive) nel 2009.

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