Liste d’attesa choc, fino a due anni per la visita salva-vita. È una sanità lumaca

Si allungano i tempi per esami e visite anche quando sono considerati urgenti

Venerdì 12 Maggio 2023 di Mauro Evangelisti
Liste d’attesa choc, fino a due anni per la visita salva-vita. È una sanità lumaca

Non c’è luce in fondo al tunnel. I tre anni di pandemia hanno lasciato una scia di dolore e di vittime, ma anche paralizzato la sanità italiana.

Si sono fermate le prestazioni, dagli esami agli interventi chirurgici, e le liste di attesa, che già erano una piaga prima dell’emergenza coronavirus, si sono allungate.

L’ultimo report di Cittadinanzattiva, diffuso ieri con il titolo “Rapporto civico sulla salute 2023” spiega che la riduzione di questo male non è neppure cominciata. Partiamo dai dati più clamorosi, che certo sono un estremo, non sono la media, ma fotografano comunque i disagi quotidiani di chi chiede aiuto al servizio sanitario nazionale e non può permettersi una visita o un esame a pagamento.


PROBLEMI
Emerge che per una mammografia di categoria B a breve (dunque da effettuare entro 10 giorni) è stata segnalata un’attesa di 150 giorni; per una mammografia meno urgente (classe categoria P) addirittura 730 giorni. Certo, rientra nella classificazione “programmabile” ma due anni per ottenere l’appuntamento sono comunque inaccettabili. Altri esempi, attinti dai report di Cittadinanzattiva: per una gastroscopia con biopsia è necessario aspettare anche un anno, per una Tac da eseguire entro 10 giorni l’attesa è di 4 mesi, per una risonanza magnetica prevista nelle 72 ore, è stato proposto un appuntamento a 30 giorni. Non va meglio quando si parla di visite specialistiche. Spiegano a Cittadinanzattiva: «Per le visite che hanno una Classe B-breve (da svolgersi entro 10 giorni) i cittadini che ci hanno contattato hanno atteso anche 60 giorni per la prima visita cardiologica, endocrinologica, oncologica e pneumologica. Senza codice di priorità, si arrivano ad aspettare 360 giorni per una visita endocrinologica e 300 per una cardiologica».

I CONTROLLI
E per le visite di controllo? Si aspettano anche 60 giorni per una visita ginecologica che andrebbe fatta entro 72 ore, perfino 465 giorni per una visita endocrinologica senza classe di priorità, 360 per una neurologica. Demoralizzante il quadro per le attese di un intervento chirurgico programmabile: per un tumore all’utero, per il quale l’intervento era stato prescritto entro 30 giorni, è stato necessario attendere tre mesi, per una protesi all’anca (classe di priorità B a 60 giorni) ne sono stati necessari 120. Si era detto: il governo e il Ministero della Salute hanno stanziato dei fondi per consentire alle Regioni di tagliare le liste di attesa, recuperare i ritardi sulle prestazioni. Secondo il report di Cittadinanzattiva i risultati sono ancora modesti: «La quasi totalità delle Regioni non ha recuperato le prestazioni in ritardo a causa della pandemia, e non tutte hanno utilizzato il fondo di 500 milioni stanziati nel 2022 per il recupero delle liste d’attesa. Non è stato utilizzato circa il 33 per cento dei fondi, per un totale di 165 milioni. Il Molise ha investito solo l’1,7 per cento di quanto aveva a disposizione. Male anche la Sardegna (26), la Sicilia (28), la Calabria e la Provincia di Bolzano (29). Dalle indagini Istat si rileva nel 2022 una riduzione della quota di persone che ha effettuato visite specialistiche (dal 42,3 per cento nel 2019 al 38,8 nel 2022) o accertamenti diagnostici (dal 35,7 al 32,8). Rispetto al 2019 aumenta la quota di chi dichiara di aver pagato interamente a sue spese sia visite specialistiche (dal 37 al 41,8 nel 2022) che accertamenti diagnostici (dal 23 al 27, nel 2022)».


DISAGI
Dietro ai numeri, ci sono centinaia di migliaia di persone. Ci sono casi come quello di Salvatore Losenno, 52 anni, della provincia di Matera: è affetto da una patologia rara, la sindrome di Charcot Marie Tooth; da quando aveva 12 anni ha bisogno di calzature ortopediche e tutori in carbonio. Eppure, ogni volta, ottenere i nuovi ausili è sempre una lotta contro la burocrazia. «Con il peggiorare della malattia – racconta - utilizzo scarpe ortopediche, le stesse per tutto l’anno. Presento la richiesta ogni volta tramite il fisiatra, che inserisce i codici, il certificato di invalidità; specifica che serve una nuova fornitura per usura». Ma la Asl locale si rifiuta di autorizzare i nuovi ausili se non trascorrono 12 mesi. E Losenno deve continuare a usare le scarpe ormai consumate anche se ha diritto a quelle nuove. Veronica di Reggio Emilia ha spiegato a Cittadinanzattiva: «Sono stata inserita nelle liste di attesa nell’ottobre 2020 per un intervento di isteroscopia operativa categoria C. Ad aprile 2021 ho effettuato tutti gli esami pre operatori e mi è stato comunicato che avrei eseguito l’intervento entro sei mesi. A maggio 2022 non ero ancora stata contattata». Ieri Cittadinanzattiva ha manifestato sotto il Ministero della Salute. Dice Anna Lisa Mandorino, segretaria generale dell’associazione: «I dati e le storie che le persone raccontano ai nostri attivisti ci convincono a proclamare lo stato di emergenza sanitaria».

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Ultimo aggiornamento: 14:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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