L’intelligenza artificiale, così come avviene in altri campi, sta acquistando anche in cardiologia una notevole importanza. In particolare riguardo ad alcune metodiche di utilizzo sempre più frequente quali sono l’ecografia, la tomografia computerizzata (TAC) o la risonanza magnetica, la possibilità di acquisire e ricostruire o processare le immagini rappresenta un notevole passo in avanti nella previsione del rischio cardiovascolare e forse anche della prognosi dei nostri pazienti.
Un algoritmo potrà prevedere anche l’infarto
Tra i vari vantaggi dell’uso dell’intelligenza artificiale vi è infatti, oltre a quello di velocizzare i processi, quello di ridurre l’errore umano e la variabilità tra i vari operatori, incrementando l’accuratezza della diagnosi.
LA RICERCA
Sull’ultimo numero della rivista European Heart Journal, Mary van Assen ed i suoi collaboratori del Dipartimento di Radiologia dell’Emory University di Atlanta (Usa) hanno pubblicato un interessante articolo sul ruolo dell’intelligenza artificiale nella diagnostica cardiovascolare.
SITUAZIONI
Per ciò che riguarda la Tac cardiaca, si stanno sviluppando molti algoritmi per una più veloce e precisa valutazione dell’intero albero coronarico. Vi sono infatti situazioni (che sono spesso presenti in pazienti diabetici o con insufficienza renale) in cui la predittività dell’angioTac coronarica si riduce in maniera significativa. A ciò si sta cercando di ovviare sia con nuovi programmi che limitino le distorsioni del segnale dovute al calcio, sia con algoritmi che permettono di valutare oltre all’anatomia del vaso coronarico, anche il flusso del sangue all’interno dello stesso. Una specie di integrazione tra due metodiche diverse che dovrebbe migliorare in maniera significativa l’accuratezza diagnostica dell’esame. In futuro è molto probabile lo sviluppo di algoritmi che possano permettere di identificare, attraverso un’angioTac, non solo l’entità della placca coronarica, ma anche la pericolosità, cioè la probabilità che queste placche si possano rompere causando un infarto miocardico. La risonanza magnetica solo recentemente è entrata a far parte del bagaglio diagnostico del cardiologo. In realtà attualmente ci può fornire un a grossa quantità di dati sulla funzione cardiaca, sulle malattie valvolari, sulla irrorazione del muscolo e sul flusso ematico. Attualmente la risonanza richiede un operatore esperto per poter trattare le immagini che la macchina ci fornisce. Sono però già in fase di prova macchine che possono svolgere tale delicato lavoro.
IL FUTURO
Cosa ci aspettiamo dal futuro? Che le varie informazioni ottenute attraverso metodiche differenti si possano sempre più integrare tra di loro in un unico modello cardiaco. La medicina personalizzata è dietro l’angolo.
* Professore di Cardiologia Università Cattolica Roma
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