Da Taranto alla Cina, passando per la Turchia e l’Egitto. Si conclude con sei arresti un’altra truffa ai danni della protezione civile del Lazio per la maxi fornitura da 37,5 milioni assegnata con trattativa privata durante il lockdown dello scorso anno.
L’ORDINANZA
I militari della Finanza hanno ricostruito un giro vorticoso di soldi e società. Gli anticipi dell’amministrazione sono in parte finiti all’estero, in parte impiegati per il pagamento delle spese personali degli indagati. Come le rette di una scuola privata a Roma, per il figlio di uno dei soci della Biolife. Al momento della firma dei contratti la società non aveva il materiale da fornire, nonostante avesse assicurato all’amministrazione la consegna in pochi giorni. Scrive il gip: «La Biolife, quando aveva proposto alla Protezione civile la fornitura di mascherine e camici, non aveva ancora la disponibilità della merce e non aveva neanche idea della tempistica necessarie per soddisfare le esigenze del predetto ente». Il materiale, poi doveva arrivare dalla Turchia, ma attraverso un fornitore egiziano. «La Biolife ha provveduto a consegnare solo nel mese di agosto le mascherine, ben oltre i termini contrattuali statuiti, approvvigionandosene in un periodo di maggiore facilità di reperimento - si legge nell’ordinanza - e probabilmente ad un prezzo decisamente inferiore a quello che avrebbe dovuto pagare se avesse rispettato i termini di consegna in piena emergenza Covid 19».
Aggiunge ancora il giudice: «La pervicacia criminale degli indagati emerge inequivocabilmente dalla persistente consumazione delle condotte delittuose in un lungo e ininterrotto arco temporale: le indagini della Finanza hanno infatti messo in luce i numerosi illeciti contro il patrimonio e mediante frode commessi dagli indagati nell’ultimo periodo, approfittando della situazione emergenziale determinata dell’evoluzione della pandemia e dai consequenziali risvolti su particolari attività» La società attiva fino a marzo nel settore della cosmesi avrebbe dovuto fornire 6 milioni di mascherine Ffp2 e Ffp3, una parte del materiale non a norma è stato bloccato alla frontiera superare le criticità emerse durante le procedure di sdoganamento della merce proveniente dall’estero, ha prodotto falsi certificati di conformità.
IL VIDEO
Nelle intercettazioni agli atti dell’inchiesta, gli indagati parlano anche di un video sulla fornitura di guanti dì gomma oggetto di un contratto in corso. Sarebbe stato Oliviero a commissionarlo: «Un filmato da esibire ai potenziali clienti per indurli in errore circa l’esistenza della merce, per incassare gli acconti»
Un’interrogazione sulla vicenda era stata presentata alla Regione Lazio dalla consigliera di Fratelli d’Italia, Chiara Colosimo.