Un salasso che potrebbe superare i 40 milioni di euro. È il conto che Ama, la municipalizzata dei rifiuti, rischia di pagare per il sequestro chiesto dalla Procura di Roma per una pezzo parte del Tmb di Rocca Cencia. Cioè per trattare (pagando) - una volta che il sito dovrà essere fermato in toto e in parte per manutenzione - tutti quei rifiuti che adesso gestisce in casa, in un impianto (l'ultimo che le è rimasto) di sua proprietà e che in futuro rischiano di finire in ditte private. Le quali - mai come negli ultimi anni a questa parte - hanno alzato a dismisura il prezzo per lavorare la spazzatura.
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Nei Tmb della Regione (la Colari di Malagrotta, la Saf di Colfelice, la Viterbo Ecologia o a quello appena dissequestrato di Manlio Cerroni a Guidonia Montecelio) il trattamento di una tonnellata di talquale costa tra i 150 e i 180 euro. Se si va fuori Regione, negli stabilimenti in Centro Italia di Hera, nel Nord di A2A o in Abruzzo o nelle marche) la tariffa sfiora con i costi di trasporto e di trasferenza anche i 220 euro. Siccome la manutenzione potrebbe durare più del dovuto, Ama rischia di dover sborsare quanto oggi risparmia gestendo in casa questi materiali, cioè oltre i 40 milioni all'anno. Troppo per un'azienda che nel suo progetto di bilancio 2017 scrive che per evitare il crack ha bisogno che il Comune le riconosca non soltanto i 713 milioni del contratto di servizio, ma anche i crediti che vanta verso l'amministrazione.
I TEMPI
Questo scenario diventa ogni giorno più probabile perché si vorrebbe mettere in manutenzione l'impianto di Rocca Cencia in un periodo, come quello agostano, dove la produzione di rifiuti è più bassa. Quindi, già tra un mese. Ed è corsa contro il tempo per ridurre i disagi.
La Procura, pur permettendone per ora l'attività, ha messo i sigilli alle linee e alle vasche per la stabilizzazione biologica e raffinazione. Una parte importante nella filiera di Rocca Cencia, nella quale si lavora la frazione organica per trasformala in Fos (in terriccio con il quale si coprono le discariche), dopo essere stata separata dalla parte secca, che spesso diventa combustibile (quindi energia) per i termovalorizzatori. Qui passa il 30 per cento delle 700 tonnellate di rifiuti che ogni giorno vengono portate dai cassonetti della Capitale all'impianto. Settecento tonnellate che gioco forza dovranno andare da un'altra parte, quando inizieranno le manutenzioni nel sito collocato a Roma Est, se non si vuole inondare per l'ennesima volta la Capitale di immondizia.
La questione è molto delicata e di non facile comprensione, se sommiamo tutti i pezzi della vicenda.