«Io, uno degli ultimi campanari di Roma... Ma in versione hi-tech»: la storia di Giacomo Diano

Giacomo Diano programma i suoni di molte chiese: «Lo faccio per passione»

Martedì 16 Novembre 2021 di Raffaella Troili
«Io, uno degli ultimi campanari di Roma... Ma in versione hi-tech»: la storia di Giacomo Diano

Altro che din don. Ci vuole passione per catturare l’ascolto, l’attenzione, emozionare. Ma ci vuole un regista, un campanaro doc, forse l’ultimo dei campanari romani. Che poi è un giovane appassionato da sempre di campane. Ha 34 anni si chiama Giacomo Diano vive nel quartiere Pinciano e non ha dubbi: «Sono uno degli ultimi campanari».

Conosce i piani alti della maggior parte delle chiese romane, dal centro alla periferia, soprattutto ha predisposto per ciascuna il suono migliore, su richiesta del parroco, solo per passa parola, campanaro volontario e per passione. «Durante il lockdown le campane hanno fatto tanta compagnia e ho ricevuto molte richieste per programmarle a orari particolari, la gente si era abituata a sentirle, a San Lorenzo nella parrocchia di Santa Maria Immacolata dal covid è rimasta la tradizione di suonare tutte le sere alle 21 la campana maggiore a festa: per l’ultima Ave Maria serale, la cosiddetta sperduta e per ricordare le vittime del coronavirus». Giacomo Diano, organista, coltiva sin da bambino questa passione. Dalla parrocchia di San Giuseppe al Trionfale (2001), «con le sue 8 campane, dove andava mia nonna e dove sono organista, mi sono fatto strada da solo. Ho anche realizzato il sogno di ogni campanaro: suonare il campanone di San Pietro il 29 giugno del 2012. Chiuso al pubblico, pochi possono dire di averlo fatto».

 

Giacomo imposta le campane per cerimonie, feste di Natale, i parroci chiamano e lui esegue, «suonai per la prima volta a San Saturnino, avevo 7 anni, il sacrestano non seppe dirmi di no. Ora passo di chiesa in chiesa e programmo i suoni, raramente trovo campane a corda, per lo più azionate da motore e martelli. Solo alla Festa de Noantri vado di chiesa in chiesa a tirare corde, a Trastevere ne sono rimaste, tanto che a San Benedetto in Piscinula c’è la più antica di Roma, la si suona con la fune, è del 1069, capita a fine matrimonio che la faccia suonare ai novelli sposi come buon auspicio». Spesso viene contattato per avere consigli, dare un’occhiata alla torre campanaria. Va in scooter e lo fa gratis. Il 4 novembre per la commemorazione del Milite Ignoto una grande soddisfazione: «Ho suonato con il carillon di campane della chiesa di San Paolo in via Nazionale: 23, lì sì che c’è da sbizzarrirsi. La fanteria aveva chiesto espressamente l’Inno del Piave e l’inno di Mameli. Sotto il lockdown spesso sono andato lì e ho suonato di tutto da “Roma, Roma, Roma” all’Inno di Mameli fino a capitan Harlock. La gente contenta, si affacciava e cantava».

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A SCUOLA IN RITARDO
Da bambino costringeva la mamma a portarlo a scuola in ritardo per sentire in passeggino le campane di S.Maria Gregoretti. Alla Festa de Noantri corre di chiesa in chiesa perché devono suonare al passaggio della Madonna, «ho anche partecipato alla programmazione e diffusione sonora di Santa Maria Maggiore e di San Paolo fuori le mura. Se suonate bene le campane fanno capire alle persone cosa sta succedendo. Certo dipende molto da quante sono, sulla Togliatti nella parrocchia di San Bernardo ho messo canti natalizi e pasquali, hanno 7 campane. Lo stesso al Quarticciolo da poco ho realizzato qualche combinazione di suono». Più di un passaggio nella chiesa argentina di piazza Buenos Aires. «A San Giovanni nella parrocchia dei Ss. Antonio e Annibale Maria mi han chiesto di realizzare un suono funebre per otto giorni dal 2 novembre per la chiamata a messa e la gente ha apprezzato la differenza. A San Giuseppe al Trionfale ogni venerdì alle tre mi è stato chiesto di far suonare le campane a morto per ricordare la morte di Gesù. Chi lavora o non può uscire apprezza queste cose». Volontario per S.Egidio, ha lavorato 4 anni nel centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto, ora è in attesa di trovare lavoro. E poi c’è la musica. «Sogno di tornare nella torre del Campidoglio, inaccessibile per problemi strutturali, una volta con Alemanno riuscii a far rintoccare la Patarina».
 

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