Il litorale di Roma in mano alla mafia, il capo della Dia: «Gruppi criminali in lotta per "regnare" sul litorale, da Ostia ad Anzio»

Il colonnello Conio: "Negli anni una risposta dello Stato c'è stata e ha lasciato il segno. Si è creato un vuoto apparente che qualcuno vuole riempire"

Giovedì 10 Agosto 2023 di Alessia Marani
Il litorale di Roma in mano alla mafia, il capo della Dia: «Gruppi criminali in lotta per "regnare" sul litorale, da Ostia ad Anzio»

Il colonnello Mario Conio è a capo del Centro operativo della Dia, la Direzione investigativa antimafia, di Roma. In passato ha anche comandato il Reparto operativo dei carabinieri della Capitale e tra le esperienze annovera la direzione dell'anticrime del Ros di Reggio Calabria, insomma sempre in prima linea. Il litorale romano lo ha conosciuto, se non altro, attraverso le inchieste "Tritone", che ad Anzio e Nettuno ha colpito il clan Gallace-Madaffari, e "Propaggine" che a Roma ha svelato l'esistenza della prima locale di ndrangheta autonoma dalla Calabria e a cui anche i clan del litorale portavano rispetto.


Colonnello lunedì notte i cittadini di Fiumicino e di Ostia si sono risvegliati per il fragore di ordigni rudimentali esplosi, in un caso, per distruggere un ristorante, nell'altro per danneggiare l'auto di un incensurato. Che cosa sta succedendo sul litorale?
«Non sono gli unici purtroppo.

Ce ne sono stati altri in primavera, spesso sono segnali per contendersi le piazze di spaccio. Ovviamente non abbiamo contezza investigativa sui singoli eventi per i quali stanno indagando le autorità territoriali ma, ovviamente, monitoriamo. Di sicuro, negli anni, una risposta dello Stato c'è stata e ha lasciato il segno. Si è creato un vuoto apparente che qualcuno vuole riempire».


Che intende dire?
«Che ci sono state operazioni e arresti significativi tra Ostia e il litorale pontino. La narrativa giudiziaria ha ricostruito l'esistenza di clan e gruppi che hanno avuto l'egemonia su più fronti, in primis del narcotraffico e poi del riciclaggio di denaro sporco. Ad Anzio e Nettuno, per esempio, molti degli indagati hanno scelto il patteggiamento, sono state comminate condanne pesantissime, e a settembre comincerà il processo a Velletri per gli altri; così a Ostia nei confronti dei gruppi autoctoni è stato riconosciuto il metodo mafioso, è abbastanza scontato, ma altrettanto realistico, ritenere come investigatore che ci sia una frammentazione di poteri che nuovi personaggi o personaggi che una volta erano di seconda o terza linea ambiscono a ricoprire. Sicuramente ora il litorale è una zona in grande fermento dal punto di vista di riassetti criminali».


Lo Stato ha dato risposte ma i cittadini continuano ad avere paura...
«I cittadini devono continuare ad avere fiducia nelle forze dell'ordine. Prendiamo il caso dell'imprenditrice Barbara Mezzaroma che non si è piegata al ricatto del racket. Chi ha tentato di estorcerle denaro per lavorare su Ostia è stato arrestato. Gli investigatori sono, come dire, con le orecchie a terra, lavorano e i cittadini debbono aiutarli perché prima o poi le risposte arrivano».


Forse, a volte, arrivano dopo troppo tempo. Ad Anzio e Nettuno l'inchiesta era partita nel 2018, la richiesta di misure depositata nel 2020, ma gli arresti per 65 persone sono stati spiccati solo nel febbraio del 2022...
«Le forze di polizia vedono tutto ma le risposte non sempre sono immediate. Motivo? I tempi della giustizia sono lenti. In una metropoli come Roma l'ufficio dei Gip, i giudici per le indagini preliminari, è un imbuto in cui le inchieste e le risposte dei cittadini attendono in coda. Un problema sollevato dagli stessi magistrati che attendono rinforzi».

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