Acilia, la sopravvissuta: «Sembrava il terremoto, il soffitto di casa è crollato e sono rimasta incastrata»

Giovedì 29 Dicembre 2016 di Morena Izzo e Mirko Polisano
Acilia, la sopravvissuta: «Sembrava il terremoto, il soffitto di casa è crollato e sono rimasta incastrata»
«Abbiamo aperto la porta di casa e siamo stati travolti. Ho pensato che fosse il terremoto», riesce a raccontare con un filo di voce dal suo letto di ospedale, Silvana Scipioni, la donna di 68 anni che è stata estratta viva dalle macerie poco dopo l'esplosione avvenuta nella sua abitazione di Acilia in via Giacomo della Marca. La donna è stata trasportata in codice rosso in eliambulanza al Policlinico Gemelli, ha riportato traumi da schiacciamento, ma è sempre rimasta cosciente. «Avevo le gambe sul tetto ed ero bloccata. Sentivo tutto, ma non riuscivo a muovermi e neanche a respirare. Provavo a strillare, ma non ce la facevo. Avevo la polvere negli occhi e nella bocca. In quegli attimi riuscivo a pensare solo chissà che fine farò, se mi troveranno mai. Ho temuto avvero di non farcela». Suo marito, Ezio Catinari è stato portato al Grassi di Ostia, in codice giallo.

LA PAURA
Accanto a lei il figlio e la nuora Monia con la sorella Luciana insieme a parenti e amici. «Ero andata a trovare mia madre al cimitero. Stavo tornando da lì. Prima di rientrare a casa, mi sono fermata a chiacchierare qualche minuto con mia cognata che abita al piano di sotto e quando siamo rientrati a casa c'è stata l'esplosione». Preoccupazione per la madre e figlia disperse che stavano entrando a casa con loro. Debora, 45 anni, insegnante di italiano in una scuola elementare di Dragona e la sua bambina di 8 anni, Aurora. In quel momento l'altro figlio della donna di 12 che sarebbe dovuto rientrare a casa con loro, era andato a prendere il pane. «La mamma gli aveva appena dato i soldi per andare al negozio vicino casa a comprarlo e fortunatamente non c'era neanche il papà», raccontano alcuni amici di famiglia. «Quando ho visto mia sorella in quello stato mi sono sentita morire racconta Luciana le sono stata vicino fino a quando l'hanno caricata sull'eliambulanza. Il volto era irriconoscibile coperto di polvere. Ora preghiamo di ritrovare sane e salve Debora e Aurora». Ma per loro non c'era più nulla da fare: in tarda serata i vigili del fuoco hanno estratto i loro corpi dalle macerie.

I SOCCORSI
«Ho sentito prima tremare, poi un boato». Ha la voce ancora incerta Silvia R., 68 anni e da cinquanta residente nella casa accanto alla palazzina esplosa in via Giacomo della Marca a Dragoncello. È una delle sei persone rimaste ferite dal crollo. «È successo tutto all'improvviso racconta mentre viene soccorsa da una squadra di infermieri e medici della croce rossa - ho avvertito prima un movimento strano, come se fosse una scossa, poi ho visto il lampadario muoversi e alla fine un gran rumore. Ho pensato subito al terremoto e mi sono precipitata in strada insieme a mio marito». È proprio mentre cercava di scappare che l'anziana è stata raggiunta dalla pioggia di cemento che le ha provocato ferite al braccio e alla gamba. «Ho creduto davvero di morire continua la donna- ho visto arrivarmi addosso pezzi di muro e poi polvere ovunque. Non riuscivo nemmeno a vedere dove stavo andando. Ricordo che urlavo e imploravo che qualcuno mi venisse a salvare». L'anziana parlando rivive il suo inferno. «Il dolore fisico è poca cosa rispetto a quello interiore prosegue la 68enne- mi sono rifiutata di andare in ospedale perché voglio stare qui accanto a mio marito e a Debora e Aurora. Ancora non posso farmene una ragione».

DETRITI OVUNQUE
La raffica di detriti di calcestruzzo è la stessa che ha invaso l'intera strada che collega il quartiere Dragoncello a San Francesco, danneggiando le auto in sosta e colpendo chi in quel momento si trovava a passare in via della Marca. «Sono stato colpito al volto afferma Marco, operaio di 34 anni che vive in via Agnello da Pisa a due passi dalla palazzina crollata- la mia macchina è distrutta. È sotto un cumulo di macerie». Un team di medici ha allestito un punto di raccolta per il supporto psicologico. Per tutto il pomeriggio un'equipe di psicologi ha assistito Massimo Ramacci e il figlio Lorenzo, i parenti più stretti di Debora e Aurora.

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