RIETI - Ieri, a Roma, la lunghissima giornata di esami di genetica forense sui resti ossei attribuiti a Silvia Cipriani, alcuni dei quali si sono poi rivelati non umani.
L'intervento. Erano passate tante lunghe settimane di silenzio. Ieri Tamara, moglie di Valerio Cipriani, indagato dalla procura per omicidio volontario, è tornata a parlare (e spiegare) molti aspetti dell’intera vicenda. I toni sono addolorati e commossi perché ora, alla luce dei nuovi riscontri investigativi, anche loro - che sempre avevano accreditato l’ipotesi di un tragico incidente o di un fatale destino - hanno mutato prospettiva sugli scenari inizialmente ipotizzati. Anche sugli aspetti strettamente legati agli averi di Silvia che, evidentemente, non conoscevano fino in fondo: «Non ci aspettavamo quanto accaduto e siamo addolorati. Valerio farebbe del male a una mosca né, tanto meno, a sua zia - racconta Tamara a “La vita in diretta” su Rai 1. - Era la parente più prossima rimasta e le era molto legato. Valerio piange sempre ed è addolorato per non aver protetto sua zia. Mio marito non c’entra è una persona buona d’animo, un gigante buono». Poi ancora sull’aspetto economico: «A questo punto pensiamo tutto, tutto è possibile, qualcuno potrebbe aver ipotizzato che fosse ricca. Io stessa pensavo che avesse pochi soldi sul conto corrente e poi scopro ora del libretto postale. Un movente economico rispetto a mio marito è da escludere, zia Silvia voleva anche donarci la casa di Rieti e non l’abbiamo voluta. È tutto surreale». Parole che arrivano dopo un lungo silenzio: «Lei era un punto forte della famiglia, è stata la prima persona che abbiamo chiamato quando sono rimasta incinta. Posso essere stata aggressiva, ma l’ho fatto per proteggere la figura di zia Silvia, mio marito e mio figlio». Infine l’appello: «Ci chiediamo tutti i giorni chi può averle fatto del male - chiude Tamara - ma non abbiamo risposte. Era una persona mite, nessuno le voleva male. Spero che la procura e la questura arrivino alla verità e chiunque sappia deve parlare: Silvia non aveva un solo motivo per arrivare fino a lì, in quel luogo sperduto». Intanto rimangono tanti retroscena: Silvia, oltre ad essere una donna in salute e presente a se stessa, era una donna pragmatica e di buona manualità. Tutti la ricordano guidare la sua Fiat Palio veloce e spedita, tanto che erano piuttosto frequenti le multe per violazione al Codice della strada in cui incappava e che arrivavano direttamente al nipote Valerio, intestatario e proprietario del veicolo. Era solita andare da sola per i boschi di Cerchiara e Morini con la motosega a fare legna da ardere. Sapeva come muoversi in un bosco e, sicuramente, non avrebbe avuto problemi o particolari apprensioni nel percorrere quella strada sterrata e disconnessa in quel luogo così defilato e impervio. Cosa poi sia accaduto è, al momento, un mistero. Il nipote Valerio, se da una parte è sereno rispetto all’inchiesta della magistratura reatina, rimane un uomo sofferente e destabilizzato dall’enorme clamore mediatico. Il 42enne, direttore della filiale di Poste italiane in Sabina, è stato visto visibilmente scosso, tanto da arrivare alle lacrime quando è stato avvicinato dai giornalisti.