Caso Marino, gli errori della politica riabilitano chi ha fallito

Domenica 9 Ottobre 2016 di Mario Ajello
Caso Marino, gli errori della politica riabilitano chi ha fallito


ROMA Guai a ricorrere alla formula, che è anche il titolo di un libro proverbiale, «La prevalenza del cretino». Queste ironiche perfidie se le possono permettere soltanto tipi geniali come Fruttero & Lucentini. E tuttavia, in altre parole e con altri modi molto più rispettosi e veri, si può definire la Legittimazione dell'Inetto ciò che sta accadendo dopo il trionfo giudiziario di Ignazio Marino. Ora passato in modalità santo subito, pur essendo stato e rimanendo agli occhi dei non smemorati il simbolo del politico inadeguato e arruffone o «unfit», per dirla all'americana. Visto che egli si sente statunitense, un po' del calibro di Thomas Jefferson o di JFK un cui motto svetta in epigrafe all'autobiografia «Un Marziano a Roma» che adesso l'Ignazio cerca di lanciare come best seller di ritorno. Mescolandolo alla sua sapienza giuridico-costituzionale di cui nessuno si era accorto fino all'altro giorno ma adesso il Sub-Marino diventato Super-Marino può tutto: «Mi hanno invitato in 20 città, per sostenere la campagna del No al referendum. E io, per questa causa, girerò l'Italia con molto piacere». Magari in tandem con l'ex governatore piemontese Roberto Cota, uscito indenne dal processo Mutande Verdi e pronto a riproporre se stesso come protagonista del leghismo e della politica dell'Italia del Nord, che forse non sentiva il bisogno della sua rentrèe tra gli applausi destinati di solito, quando esistevano, ai grandi statisti. Mentre il Cota è uno che diceva del Trota: «E' un vero talento politico». E che a sua volta è stato descritto così da chi lo conosce bene: «Poteva, indifferentemente, reggere il posacenere di Bossi o sostituirsi ad esso con mani d'amianto. Poteva persino sventagliare la nuca del suo signore, come uno schiavo nubiano».

E comunque la Legittimazione dell'Inetto è un percorso a tappe che, nel caso emblematico di Marino ma non sono in questo, funziona così. Selezione sbagliata del soggetto da lanciare. Precoce consapevolezza dell'errore nella scelta da parte della nomenklatura che l'ha compiuta (nel caso di Ignazio serviva una foglia di fico sulle colpevolezze dei poteri marci del Pd e un uomo qualunque che sembrasse estraneo ai partiti per incontrare il favore dell'elettorato grillinizzato). Uso politico della giustizia per liberarsi del prescelto (ed eletto). Il quale poi esce indenne dal giudizio, vuole la restituzione dell'onore (che in termini di capacità politiche e amministrative non ha) e diventa spina nel fianco («Il Pd? Potrei tornare e mi renderò utile a Roma e all'Italia») di chi lo ha malamente inventato e goffamente defenestrato.

L'ITER
Per rendere un politico inefficiente, e inadempiente, una sorta di eroe popolare - basti pensare al caso di de Magistris a Napoli: accusato, assolto e ora convinto di essere a livello nazionale l'anti-Renzi oltre che il Che Guevara dei Camaldoli - non c'è iter migliore di quello capitato in sorte a Marino. Anche perché nel Paese che ama le vittime, fino a fare del vittimismo una religione laica e neppure tanto laica, chi sa sfruttare la situazione può usare gli errori politico-scandalistici degli avversari come trampolino per una nuova stagione. Magari lunga soltanto lo spazio di qualche settimana o mese, ma sufficiente a rendere ancora più caotico e surreale il dibattito pubblico, già così degradato agli occhi dei più. E questo tempo del revival dell'Ego l'Ignazio sarà capace di goderselo tutto per attaccare con qualche ragione, visto il pasticcio cucinato dal Pd, il suo partito nei talk show. «Mi vogliono in tutte le tivvù, anche quelle straniere», annuncia l'ex sindaco. Pronto a trasformarsi in una sorte di Golem, la figura antropomorfa della mitologia ebraica, che incutendo paura insegue i democrat non nelle vie di Praga, secondo la leggenda, ma nelle varie contrade romane e italiane.
Ognuno ha le sua capacità e in certi casi incapacità politiche, e i tipi assolutamente non sono paragonabili, ma il caso Marino si svolge in una fase in cui le assoluzioni per i politici fioccano. Quella dell'ex governatore Errani: la cui bufera giudiziaria portò alle elezioni anticipate in Emilia in cui per disgusto non votò quasi nessuno: appena il 37 per cento. Quella di Penati in Lombardia. Quella dell'ex presidente marchigiano Spacca, per cui erano stati chiesti tre anni e mezzo per peculato. E via così dopo che Vincenzo De Luca, addirittura inserito tra gli «impresentabili» nella lista della Commissione Anti-Mafia voluta da Rosy Bindi, si gode il superamento dei guai giudiziari usando tra l'altro il proprio calvario come arma di consenso super-pop. E insomma il grillismo sulle spese della politica ha talvolta fomentato il protagonismo dei magistrati ma soprattutto il grillismo di chi non essendo grillino cavalca l'onda per fini di politica politicante. Cercando allo stesso tempo l'applauso di un'opinione pubblica giacobinizzata per decenni - dai tempi di Mani Pulite e dell'uso che la sinistra fece del pool di Milano - da parte degli ideologi delle manette.

L'IMPOSTURA
E Zingaretti indagato e appena prosciolto? E Alemanno, che da sindaco cadde comunque per motivi politici, contro il quale le successive accuse più gravi dei pm sono venute meno ma nel frattempo sono state cavalcate propagandisticamente dagli avversari politici? Il successivo sindaco di Roma, ora impegnato nella Legittimazione dell'Ignazio, uscito intatto dal tritacarne in cui lo hanno infilato i colleghi di partito passa intanto dal ruolo del triturato a quello del trituratore. E ha buon gioco nella pazza idea di far dimenticare i disastri - la città alluvionata e lui in America, le gaffe con il Papa e con tutti gli altri, l'invivibilità quotidiana e la mobilità paralizzata, i vigili e i Casamonica e la lista sarebbe infinita - che in tre anni lunghi un secolo ha inflitto alla Capitale. Ma la politica, come si sa, è anche impostura.

 

Ultimo aggiornamento: 15:15