Covid, il buco nero dei Comuni d'Italia:
casse svuotate per gli sconti Tari e Cosap

Domenica 10 Maggio 2020 di Marco Esposito
Covid, il buco nero dei Comuni d'Italia: casse svuotate per gli sconti Tari e Cosap

Protagonisti della fase 2 sono il governo e i presidenti delle Regioni. Talvolta collaborano, sempre più spesso litigano. E però in prima linea ci sono loro: i 7.904 sindaci. Cui tocca vigilare sul rispetto delle regole di distanziamento e garantire trasporti pubblici, pulizia di paesi e città, servizi di assistenza sociale nonché la gestione degli spazi pubblici, dal commercio su strada alle autorizzazioni per i tavolini di bar e ristoranti. Ma i sindaci vedono le casse comunali drammaticamente vuote.

Il presidente dell'Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro, si gira tra le mani una tabella preparata dai tecnici dell'associazione dei Comuni italiani. A sinistra ci sono le entrate proprie dei Comuni, che nel 2019 sfioravano i 40 miliardi di euro. Al centro le somme i cui incassi sono stati rinviati a causa dell'emergenza coronavirus, pari a quasi 12 miliardi, e a destra le somme che con alta probabilità non si riuscirà più a incassare e cioè oltre 5 miliardi e mezzo. I soldi il cui incasso è slittato forse entreranno, tuttavia quei 5,6 miliardi rappresentano un buco nei bilanci che mette a rischio la tenuta non dei Comuni ma del sistema Italia.
 

 

Il governo ne è consapevole. Il ministro Roberto Gualtieri ha previsto uno specifico capitolo nel decreto di rilancio dell'Italia destinato proprio ai Comuni. Ma la cifra inserita è una toppa che copre poco più di metà del buco: 3 miliardi. Mancano insomma almeno 2 miliardi per poter mettere i conti in sicurezza e garantire i servizi pubblici essenziali.

Discorsi simili, per la verità, se ne sono sentiti in tutte le occasioni in cui c'è da stabilire un riparto di risorse (o di tagli). C'è un po' di gioco delle parti, quindi. E però se si spulciano i conti dell'Anci si può verificare che alcune delle stime di perdita di gettito appaiono addirittura ottimiste, come a non voler calcare eccessivamente i toni. Entriamo nel dettaglio.

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Il buco più grande sulla singola voce riguarda la Tari, la tassa sui rifiuti. I Comuni si aspettano nel 2020 un calo del 15% del gettito e cioè 1.341 milioni. E però nel frattempo sono state rinviate le scadenze per cui pochissimi stanno pagando. Cosa accadrà quando arriverà il momento di versare? Alcuni contribuenti, in particolare famiglie in difficoltà economica, si troveranno in affanno. Altri soggetti come i commercianti che sono rimasti chiusi, e così alberghi, bar, ristoranti ma anche le università (a Napoli la Federico II è il maggiore contribuente Tari) chiederanno semplicemente e a buon diritto di non pagare nulla per i mesi di forzata chiusura e di pagare meno per il periodo di apertura con posti limitati. A dare manforte ai contribuenti è l'Arera, cioè l'authority per l'energia, la quale il 7 maggio ha stabilito alcuni criteri per ridurre le tariffe Tari e per agevolare le famiglie in difficoltà economica, senza però che sia chiaro a carico di chi peseranno le agevolazioni, visto che sui rifiuti va coperto integralmente il costo del servizio.

Al secondo posto tra le perdite di gettito c'è l'Imu. Qui il calo di incassi è stimato solo nell'8% e però visto che incide sulla maggiore fonte di quattrini, porta minori risorse per i Comuni per un miliardo e 155 milioni di euro. Non c'è ragione per non far pagare un proprietario e però la crisi dell'economia porterà inevitabilmente una riduzione dei versamenti, soprattutto da parte di piccole attività commerciali e imprenditoriali in immobili di proprietà.
 

Segue una voce poco amata dai cittadini ma che aiuta sensibilmente i sindaci a far quadrare i conti: le multe. Divieti di sosta, eccessi di velocità e mancati stop ai semafori portano 1,8 miliardi all'anno nelle casse dei Comuni. Ma nel 2020, con le vetture rimaste per mesi ferme e con i vigili urbani impegnati a tenere d'occhio gli assembramenti di pedoni, si stima una perdita di gettito di 440 milioni, pari a un quarto del totale.

Segue per mancato gettito l'incasso da concessioni e fitti. Il patrimonio immobiliare dei Comuni è spesso valorizzato in occasione di eventi, come le fiere e i convegni; tutte attività però bloccate a fine febbraio e che difficilmente riapriranno entro l'anno per cui il calo del 22% appare anche qui prudenziale.

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La flessione più forte per la singola voce, ma questo è facile da prevedere, colpisce l'imposta di soggiorno: meno 65%. È un'entrata particolare, di cui beneficia solo una minoranza di Comuni, e che però negli anni ha preso un andamento crescente e nel 2019 ha portato in totale a 572 milioni. L'idea del governo è di riconoscere per questa specifica imposta un ristoro pari a 4 dodicesimi e cioè poco meno di 200 milioni ma la perdita prevedibile è di almeno 371 milioni.

Molto importante, anche ai fini del rilancio dell'economia, è il canone (o tariffa) sull'occupazione di suolo pubblico, chiamata Cosap o Tosap. È chiaro che con il divieto di assembramenti tutte quelle manifestazioni a carattere fieristico o commerciale che si tenevano nelle piazze italiane sono state sospese, ma è vero anche che con le regole sul distanziamento sarà utile assegnare dove possibile più spazio a bar e ristoranti per la somministrazione all'aperto, senz'altro più sicura di quella all'interno dei locali. Decaro per esempio ha appena deciso che a Bari l'occupazione di suolo pubblico sarà azzerata per i tre mesi di forzata chiusura e che non si pagherà nulla per i prossimi mesi sugli ampliamenti fino al 50% degli spazi in precedenza assegnati. E però anche queste agevolazioni vanno in qualche modo coperte, per un importo stimato di 281 milioni.

E non è finita. A causa del Covid 19 c'è stato un crollo delle pubblicità, compreso il settore delle affissioni (-46%) che è a beneficio dei Comuni. Si sono ridotte le entrate dalla sosta nelle strisce blu. Ed è diventato notevolmente più costoso il sistema di trasporto urbano perché il numero di mezzi in circolazione sta rapidamente risalendo verso un livello di normalità mentre gli incassi da biglietti per definizione calano, visti i limiti di affollamento.
 
 

Ma c'è un settore nel quale i Comuni stanno risparmiando? Qualche voce ci sarebbe: mense scolastiche, alcuni servizi sociali, gli asili nido chiusi.
E però il decreto Cura Italia ha stabilito all'articolo 48 che i Comuni devono continuare a pagare i gestori privati dei servizi anche durante la sospensione. Una regola dettata dalla necessità di non far dilagare oltre misura la disoccupazione e la cassa integrazione, nella convinzione che il Comune, soggetto pubblico e quindi per sua natura forte, sia sempre in grado di onorare i contratti. Ma nella situazione attuale ogni euro è prezioso e i sindaci chiedono che il pagamento del servizio sia effettuato solo quando è possibile modificare il contratto in base alle nuove esigenze in tempi da coronavirus. 

Ultimo aggiornamento: 11 Maggio, 13:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA