Sesto, la nuova Capitale dell'Islam dove si annida il fondamentalismo

Sabato 24 Dicembre 2016 di Mauro Evangelisti
Sesto, la nuova Capitale dell'Islam dove si annida il fondamentalismo
dal nostro inviato
SESTO SAN GIOVANNI (MILANO) - Sedicimila stranieri, un terzo di religione islamica. Il 60 per cento degli alloggi di edilizia popolare abitato da immigrati. Sesto San Giovanni un tempo era la Stalingrado della Lombardia, per la sua fedeltà alla sinistra; hanno cominciato a chiamarla la Saint Denis di Milano, il paragone guarda alle banlieu parigine. Ma più per i numeri dell'immigrazione che per le tensioni, perché apparentemente qui la convivenza è meno problematica, ad esempio, di quella delle periferie romane come Tor Sapienza. Eppure, proprio qui potrebbe nascondersi il male, il virus del fondamentalismo: in uno scenario di sostanziale tenuta del sistema dell'accoglienza e della convivenza, potrebbe essere più semplice per cellule del fondamentalismo nascondersi, confondersi nel mucchio. «Siamo noi i primi a vigilare, nella nostra moschea il radicalismo non entra, ringraziamo le forze dell'ordine» ripete il presidente del Centro Islamico di Milano Sesto, Boubakeur Gueddouda, che in via Luino, dieci minuti a piedi dal luogo della sparatoria, sta costruendo una delle moschee più grandi del Nord Italia.

IL VIAGGIO
Ma per arrivare fino a Sesto San Giovanni, dopo mezz'ora di bus navetta dalla stazione centrale di Milano, Amri doveva avere un obiettivo preciso. Un contatto. Un tunisino come lui, forse, e come l'attentatore di Nizza, che ha usato la stessa spietata tecnica del tir che travolge la folla. I tunisini a Sesto San Giovanni sono un centinaio. Amri nella piazza davanti alla stazione dove ha trovato la morte forse aspettava qualcuno che lo potesse ospitare o accompagnarlo nella non lontana via Padova per ottenere dei documenti falsi con cui proseguire la fuga. Non aveva un cellulare, dunque poteva trattarsi di un appuntamento senza un orario preciso. Aveva però una scheda telefonica, poche centinaia di euro e, oltre alla pistola, un coltello. O forse no: per prudenza voleva evitare i treni e salire, all'alba, su uno dei pullman che partono verso l'est Europa e verso il Sud Italia. Quando si parla di una cellula del fondamentalismo islamico in questa terra a metà tra Milano e la Brianza, si guarda a una coincidenza: il tir polacco usato per la strage di Berlino era partito da Cinisello Balsamo. Il questore di Milano, Antonio de Iesu: «Milano, Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo... capisco che il collegamento sia suggestivo ma non ci sono riscontri investigativi per collegare questi luoghi». Vero. Anche perché il tir non è stato sequestrato in Italia, ma in Germania. Resta una fila di fatti su cui stanno lavorando gli investigatori che fanno pensare alla presenza di una base, di una struttura di supporto. Primo dato: Amri conosceva l'Italia, ci ha vissuto a lungo, ha trascorso molto tempo in carcere. Ma proprio in cella potrebbe avere conosciuto e tessuto rapporti con altri fondamentalisti arrivati successivamente in Brianza. Secondo dato: negli ultimi anni diversi tasselli compongono un puzzle che pone la Lombardia come una delle regioni più problematiche. Sei anni fa due operai marocchini furono espulsi da Seregno per un presunto piano di attentati contro una caserma dei carabinieri e un centro commerciale. Nel 2015 un tunisino a Vimercate viene espulso perché sospettato di essere vicino all'Isis. Aveva frequentato la moschea milanese di viale Jenner e avuto stretti contatti con l'ala radicale. Nel 2016 un pugile di origini marocchine arrestato a Lecco: aveva scambiato su WhatsApp con un altro nordafricano file audio in cui si minacciavano attentati. Ecco perché per gli investigatori l'indagine sui contatti di Amri a Sesto San Giovanni è di primaria importanza. «Non è stata sbagliata l'integrazione - commenta Roberto Di Stefano, consigliere comunale di Forza Italia - ma sono folli i numeri dell'immigrazione concentrata a Sesto. Così sono impossibili i controlli». E si è riaccesa la polemica contro la moschea autorizzata di 2.400 metri quadrati. E' perplesso anche Filippo Penati, ex sindaco a sinistra vent'anni fa: «Qui non ci sono mai stati problemi, ma se si apre un luogo di culto di quelle dimensione diviene difficile monitorare la situazione».
 
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