Allerta terrorismo, il capo della polizia Gabrielli: «Più reparti speciali nelle città, ma la nostra vita non cambi»

Venerdì 12 Agosto 2016 di Marco Ventura
Allerta terrorismo, il capo della polizia Gabrielli: «Più reparti speciali nelle città, ma la nostra vita non cambi»

 Emergenza immigrazione, terrorismo, Roma. Il capo della Polizia, Franco Gabrielli, propone la sua ricetta per la sicurezza degli italiani con Roberto Bernabò e Francesca Fialdini al «Caffè» della Versiliana. E a margine con «Il Messaggero».

Che fare se i sindaci si rifiutano di accogliere i migranti?
«I sindaci sono il front office delle criticità. Se molti si rifiutano di dare accoglienza s'innesca un meccanismo perverso, perché i migranti non si dissolvono nell'aere e vanno trattati come persone, con rispetto. Se qualche sindaco non se ne fa carico, è matematico che se ne debba far carico qualcun altro.»

Va schierata la Protezione Civile?
«No. Non ha più i poteri che aveva con l'emergenza Nord Africa. Potrebbe intervenire per sei mesi prorogabili di sei. Questo però non è un fenomeno che si possa esaurire in poco tempo. Si parla di 150mila migranti ospitati, ma quelli fuori dal circuito sono il doppio. Uno dei problemi più gravi è rappresentato dai 13-14mila minori non accompagnati, la cui spesa grava soprattutto sui piccoli Comuni. Per noi è minore chi ha meno di 18 anni, ma chi viene da quei paesi a 15-17 anni in realtà è adulto. E la normativa deve adeguarsi: andrebbe alzato il tetto di accoglienza di 8-10 minori per casa famiglia.»

Oltre Ventimiglia, potrebbe riaccendersi il Brennero?
«A fronte di qualche centinaia di persone in cammino verso l'Austria, noi ne riceviamo qualche migliaio. Sarebbe il caso di porre noi il problema del muro con l'Austria. Ora è caldo il fronte con la Svizzera a Ponte Chiasso. Quanto a Ventimiglia, la Francia è ipersensibile verso un'immigrazione che non riesce a controllare. Non ci resta che prendere queste persone e spostarle. Sui temi della sicurezza occorre concordia nazionale: remare nella stessa direzione. Meno litigiosità.»
 
Come giudica i primi passi del sindaco di Roma, Virginia Raggi?
«Sarebbe scorretto giudicarla dopo qualche settimana, molto poco serio rispetto a una città che è 11 volte Napoli, 7 volte Milano, ha 15 municipi, e 19 partecipate per 50mila addetti. Il municipio più piccolo ha 143mila abitanti, il più grande 360mila, nessuno con autonomia di bilancio. I municipi dovrebbero diventare Comuni, e la parte centrale una sorta di Roma DC, un distretto o governatorato che non ricada nelle logiche e responsabilità degli enti locali.»

Quanto possiamo sentirci sicuri rispetto al terrorismo?
«Il rischio zero non può esistere. Sarebbe sbagliato ritenerci così bravi da poter mettere il nostro Paese al riparo da qualsiasi rischio. Finora abbiamo allontanato 108 soggetti ritenuti pericolosi. Dopo l'11 Settembre abbiamo avviato un percorso di integrazione informativa che ha trovato la massima espressione nel Casa, il Comitato di analisi strategica antiterrorismo nel quale si confrontano Intelligence e law enforcement. In Europa ci sono strumenti di interscambio fra polizie come Interpol e Europol, mentre la collaborazione è più complicata nell'Intelligence, che risponde a logiche di sovranità.»

Come si contrastano i lupi solitari?
«Sono frutto di una marginalità che risponde a logiche di franchising web più che a strutture organizzate. Siamo tutti obiettivo di questa minaccia. La vita umana è sacra, ma c'e un prezzo forse ancora più alto che rischiamo di pagare: il mutamento del nostro stile di vita. Il terrorismo mira a questo. Dobbiamo continuare a vivere la nostra vita. Si può obiettare che è facile dirlo con l'auto blindata. Ma io vivo la vita di tutti i giorni, ho tre figli e quando mi chiedono se la metropolitana possono prenderla rispondo che si deve poter andare tranquillamente ai luoghi di ritrovo della vita, che va vissuta senza condizionamenti. Al tempo stesso bisogna pretendere che gli apparati di sicurezza facciano tutto il possibile per ridurre i rischi.»

Le 20 città scelte per le nuove unità di pronto intervento sono quelle più a rischio?
«Queste unità sono frutto di una felice scelta del mio predecessore, a mezza strada tra gli operatori ordinari e i reparti speciali, con armamento specifico e sistemi di protezione particolare. L'idea è quella di estenderle ad altre situazioni e obiettivi sensibili».

È aumentato l'allarme nei porti. Colpa della situazione in Libia?
«Un paese deve poter fare la politica estera che ritiene giusta, e al tempo stesso tenere conto di rischi e opportunità. Da tecnico dico che non c'è un immediato e necessario rapporto di causa ed effetto. Un motivo ricorrente della propaganda jihadista è l'avversione alla cristianità, allora avremmo dovuto essere colpiti da tempo. La decisione di alzare il livello dei controlli nei porti da 1 a 2 non ha a che fare con la Libia, è scaturita in una riunione del Comitato interministeriale per la sicurezza marittima e dei porti e dipende dal contesto complessivo. Aumentiamo la percentuale dei controlli nei porti e al momento degli sbarchi. Nessuna minaccia specifica.»
 

Ultimo aggiornamento: 13 Agosto, 18:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA