«Ciò che mi fa arrabbiare è che gli inglesi sapevano già da settembre che era in circolazione questa variante. Hanno taciuto, non ci hanno avvertito. Ora serve il lockdown. O comunque misure molto severe. La nuova variante di Sars-CoV-2 non è più letale, ma circola con una velocità più alta anche del 70-80 per cento.
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Ricciardi pessimista sulle scuole
Il professor Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, da giorni ripete: bisognava chiudere prima e più a lungo. «In queste condizioni sarà difficile riaprire le scuole il 7 gennaio. A Natale si rischia una nuova impennata dei contagi». E l’annuncio del governo di Johnson sul virus mutato non asseconda l’ottimismo. «Chiudere i voli con il Regno Unito è una buona mossa se lo fanno tutti gli altri Paesi. Se lo fa solo uno non serve, bisogna farlo in tutta Europa».
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Possibile che la nuova variante inglese sia già in Italia come dimostra il caso trovato all’ospedale del Celio a Roma?
«Prima di tutto siamo rammaricati che il governo inglese ci abbia avvertito solo ora. I colleghi del Regno Unito ci dicono che la mutazione non avrà ripercussioni sulla vaccinazione, ma è vero che causa una contagiosità quasi doppia. La patogenicità è la stessa, ma la virulenza è molto più alta. Io sto predicando da tempo il lockdown più duro; ora, di fronte a questa nuova variante che probabilmente è già in Italia, temo che chiusure severe siano inevitabili».
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Quanto sono delicate le giornate che ci attendono tra Natale e Capodanno?
«Il problema non riguarda solo queste giornate. Avremo mesi in cui dovremo fare attenzione. Il periodo natalizio è particolare perché normalmente ci sono più incontri familiari e viaggi. Ma dobbiamo entrare nell’ottica che questa sarà una battaglia di lunga durata. Adesso, come nel prossimo futuro, dovremo stare molto attenti».
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Le misure decise per il periodo natalizio saranno sufficienti?
«Secondo me no. A partire dalla durata».
Cosa significa?
«La circolazione del virus è intensa nel nostro Paese, il numero di infetti è alto. E l’esperienza ci dice che con queste condizioni le misure di contenimento durare di più. Almeno un mese, un mese e mezzo».
Invece la scadenza è prevista per il 6 gennaio.
«Di fatto sono 15 giorni. Forse non sarebbe bastato neppure un mese, ma per lo meno Germania e Austria hanno previsto limitazioni per 30 giorni. Si tratta del tempo minimo per vedere qualche effetto».
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Rischiamo di compromettere la riapertura delle scuole prevista per il 7 gennaio?
«Credo proprio di sì. Con questa circolazione del virus non penso che il 7 gennaio le scuole possano riaprire».
Essere intervenuti con delle limitazioni da zona rossa a Natale è una bocciatura del sistema dei “semafori”, dei colori delle Regioni?
«Il sistema dei “semafori” fa sì che le decisioni vengano ancorate a dei dati oggettivi epidemiologici e poi rapportate agli specifici territori. Quello che non funziona è la fretta con cui si passa da un colore all’altro. E spesso il giallo viene interpretato come verde. Le regole vanno rispettate».
Noi cittadini cosa dobbiamo fare per evitare di ritrovarci in emergenza il 7 gennaio?
«La stragrande maggioranza degli italiani rispetta le regole. Il problema è che c’è una minoranza non marginale che consente la circolazione del virus. Per questo è importantissimo il sistema dei controlli. La stragrande maggioranza delle persone è favorevole a limitare i propri spostamenti, a fare attenzione. Però c’è una minoranza, intorno al 10-20 per cento della popolazione, la quale non è incline a modifiche del proprio comportamento. Se non fai rispettare le regole, incoraggi questi comportamenti».
Si aspettava un numero giornaliero di casi positivi ancora tanto alto a ridosso del Natale?
«Assolutamente sì. Ormai è quasi un anno che conosciamo questo virus. Se non lo blocchi subito, ha un andamento esponenziale e i casi raddoppiano ogni due o tre giorni. Dopo, per tornare ai numeri precedenti, trascorre almeno un mese, un mese e mezzo. Forse anche di più».
Sul fronte della vaccinazione, nel Regno Unito si ipotizza l’autorizzazione al prodotto di AstraZeneca già il 27 dicembre. Questo potrebbe cambiare lo scenario anche nell’Unione europea e in Italia?
«Guardi, di AstraZeneca abbiamo avuto la presentazione dei dati. Sappiamo che hanno due protocolli: uno con “dose piena-dose piena” che ha una protezione intorno al 70 per cento, e uno “mezza dose-dose piena” al 90, che però deve essere consolidato da una sperimentazione di fase 3 e serviranno altri mesi. Potrebbero registrare il primo protocollo, che comunque ci darebbe un altro vaccino con una protezione importante, con molte milioni di dosi».
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Si potrebbe pensare a un doppio binario? Pfizer ai più fragili, AstraZeneca ai più giovani?
«Dobbiamo studiare tutti i dati ufficiali. Però se il vaccino AstraZeneca fosse comunque molto protettivo, come sembra, sotto i 55 anni, potremmo usare proprio questa strategia. Pifzer e Moderna agli anziani, AstraZeneca, più semplice da somministrare e con una capacità produttiva molto forte, ai più giovani. L’importante è avere più armi: Johnson&Johnson dovrebbe essere pronto a primavera ed è interessante, perché è monodose».
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