Ormai, nel rapporto tra Pd e M5S, si guarda al dopo Europee.
Per ora, così si racconta al Nazareno, il leader stellato ha promesso ad alcuni maggiorenti dem - a cominciare da Dario Franceschini - che dopo la competizione spietata alle Europee farà il patto di non belligeranza con Schlein e per la costruzione del «campo giusto» con il quale avviarsi al voto politico del 2027 e vincere contro la destra. Ma nel inner circle di Schlein non sanno se credere o non credere a questi buoni propositi. E fanno bene. Perché Conte ha le idee chiare. Vuole superare i dem (tenendosi le mani libere in campagna elettorale, rilanciando il tema della purezza grillina rispetto alle compromissioni di sistema di tutti gli altri compreso il Pd, battendo sul salario minimo e sulle nuovi assunzioni nella sanità pubblica: argomenti di sinistra da scippare all'amica-nemica Elly) o pareggiare o almeno arrivare a non più di due o tre punti (non quattro o cinque) sotto il Pd alle Europee. E a quel punto, «scateneremo l'inferno», dicono i contiani: ossia Giuseppi proverà a diventare il candidato premier del fronte unitario progressista. Sarà a livello nazionale la nostra Todde, ironizzano i suoi: ovvero il simbolo dell'unità dem-stellata, all'insegna più M5S che nazarenica che s'è rivelata l'unica capace di strappare una vittoria ai danni della destra trionfante.
IL VENTO
«Abbiamo il vento in poppa», è la convinzione di Giuseppi. E in casa Schlein la preoccupazione è forte. Perché lui, il competitor stellato, ha deciso il format della sua campagna per il sorpasso o almeno per il pareggio ed è molto orientata a rubare i voti al Pd: oltre alla legalità e al recupero dei temi anti-politici. Conte spingerà - ieri ha già cominciato presentando il libro di Pasquale Tridico, ex presidente Inps e capolista M5S al Sud - sul precariato, sui giovani «impossibilitati a una vita lavorativa dignitosa», per non dire dell'insistenza sul pacifismo che in questi tempi funziona. I dem, in questa fase e su questi temi, sembrano essere in modalità affannosa rincorsa.
Conte vuole avere, come dicono i suoi critici ma anche i suoi amici, la botte piena e la moglie ubriaca. Da un lato tenersi le mani libere per attaccare il Pd ogni volta che vuole da qui a giugno, dall'altra avere la certezza che il suo atteggiamento non abbia alcuna ripercussione sul rapporto di Schlein con M5S. La sfida che Conte ha lanciato è molto minacciosa e magari - ma non sembra questo l'orientamento schleineriano - potrebbe essere compensata da una riapertura di dialogo del Nazareno verso l'area centrista di Calenda e di Renzi o meglio: o di Renzi o di Calenda, vista la guerra in corso tra i due.
Il fatto è che Conte ha come chiodo fisso Palazzo Chigi. Quando la sera rincasa da via di Campo Marzio e si fa un giro per il centro (per poi arrivare nella sua abitazione a Fontanella Borghese) guarda la luce accesa nel piano nobile del palazzo del governo e, narrano i suoi amici, certamente rimpiange quando quella luce l'accendeva e la spegneva lui ed era la sua. La sua ossessione si chiama Chigi. E come eventuale premier si reputa di gran lunga più attrezzato della rivale Elly. «Ho guidato l'Italia nella fase più drammatica, quella del Covid, e l'ho saputo fare», ripete continuamente. E i suoi gli fanno il coro: «Il 209 miliardi di euro del Pnrr chi li ha conquistati per l'Italia? Il Caro Leader!».