Scherzo Giorgia Meloni, cosa è successo? Dalla mail all'offensiva ibrida: così i comici russi hanno beffato Palazzo Chigi. Tajani: «C'è stata superficialità»

Ad assumersi implicitamente la responsabilità è stato Francesco Talò, capo dell'Ufficio del Consigliere diplomatico,

Giovedì 2 Novembre 2023 di Riccardo Palmi
Scherzo a Meloni, dalla mail all'offensiva ibrida: ecco come hanno fatto i comici russi a beffare Palazzo Chigi

Il sospetto è che quella telefonata sia un semplice "scherzetto" solo per chi chiama «operazione speciale» l'invasione dell'Ucraina. «Avremmo voluto invitarla nel nostro ufficio presso l’ex Kgb, ma sa…», ci ridono su Vladimir Kuznetsov e Aleksej Stoljarov (alias “Vovan e Lexus”), smentendo ogni legame con gli ex servizi segreti russi nei quali lavorò anche Putin. Fingendosi un leader dell'Unione africana, i due sono riusciti a telefonare alla premier italiana Giorgia Meloni.

Tajani: «C'è stata superficialità»

«Le parole della presidente Meloni sono un chiaro segnale di conferma di quella che è la linea politica del nostro Paese, certamente c'è stata una superficialità da parte di chi ha organizzato la telefonata e questo non deve più accadere».

Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, intervistato su Rai1 a Ping Pong. Rispondendo ad una domanda sulle frasi pronunciate da Meloni sull'Ucraina, Tajani ha aggiunto: «Noi siamo dalla parte dell'Ucraina. A tutte le provocazioni il presidente del Consiglio ha risposto in maniera ferma».

I precedenti e le responsabilità

Non il primo colpo del duo: in passato ci sono cascati Boris Johnson, Angela Merkel e di recente Pedro Sanchez, ma anche Henry Kissinger, J.K. Rowling ed Elton John. Vovan e Lexus hanno dato la loro versione dei fatti: «È stata lei a chiamarci all’orario concordato. Non è l’ufficio della premier ad avere colpe. “Grandi” colpe. Siamo noi che sappiamo fare il nostro lavoro», minimizza Vovan, che insieme all'amico non rivela nessun dettaglio su come abbiano fatto a superare i controlli di sicurezza, né se vi sia stato un intermediario (anche solo inconsapevole).

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Con tutta probabilità, il primo approccio è avvenuto con una mail indirizzata allo staff di Palazzo Chigi, nella quale si forniva un numero da chiamare in allegato. A questo punto, la palla passa di norma all’ufficio diplomatico diretto dal consigliere diplomatico Francesco Talò, ambasciatore di grandissima esperienza. Il suo staff prevede un vice e sei consiglieri (per l'Africa, c'è la consigliera Lucia Pasqualini). Sulle responsabilità ogni valutazione è ancora in corso ma gli errori sono stati con tutta probabilità un paio: il primo è aver ritenuto "buona" la prima mail del sedicente leader africano; il secondo è aver ritenuto altrettanto buono il contatto telefonico richiamato da Giorgia Meloni. La telefonata è avvenuta il 18 settembre, mentre Meloni era all'Onu, in una fase in cui era numerosi i bilaterali con leader africani per aumentare la cooperazione con l'Italia. E questo può aver contribuito ad abbassare le difese.

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Il messaggio e le prossime mosse

Nel corso della telefonata la premier sembra intuire qualcosa di strano nella conversazione. Non a caso lei stessa appare piuttosto stranita dall'ennesimo riferimento del sedicente leader africano all'Ucraina e poi alla figura del Steve Bandera, nazionalista ucraino della seconda guerra mondiale. 

In una nota «l'Ufficio del Consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio dei Ministri si rammarica per essere stato tratto in inganno». Implicitamente, quindi, ad assumersi la responsabilità sarebbe il tutolare del'ufficio Talò, che peraltro è prossimo alla pensione. Di certo però il fronte della sicurezza di Palazzo Chigi sembra destinato a prevedere ulteriori misure con e protocolli per evitare che l'episodio si ripeta. Possibile anche l'innesto di ulteriore personale o il rafforzamento delle cyber-difese (o entrambi). D'altronde, il fronte della sicurezza anche da offensive "ibride" e non convenzionali si sta dimostrando sempre più importante.

Ultimo aggiornamento: 16:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA