ROMA Matteo Salvini torna alla carica sui migranti.
Il day-after del discorso di Sergio Mattarella al Meeting di Rimini, segnato dall'appello per aumentare i flussi regolari e fermare il traffico di esseri umani, inizia a Pinzolo, fra le Dolomiti. Salvini riunisce i sindaci del Trentino a guida Lega, prepara interventi sugli orsi e i «grandi carnivori». Ma la testa è già a Palazzo Chigi e ai dossier della ripartenza.
LA STRETTA
Al ministro delle Infrastrutture i cronisti chiedono un commento a caldo sulle parole del Capo dello Stato. Sull'invito a difendere la Costituzione, così com'è, che ad alcuni è sembrato un freno alle ambizioni leghiste sull'autonomia differenziata. «Sono ministro, ho giurato sulla Costituzione - ha risposto ieri Salvini - per me quello che dice la Costituzione è legge». "Il Capitano" schiva le polemiche. E rilancia sul fronte della sicurezza chiedendo di accelerare sul decreto annunciato dalla premier Giorgia Meloni e il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi prima della pausa estiva. Introdurrà norme per facilitare i rimpatri dei migranti ritenuti "violenti" o "aggressivi", un giro di vite nato sulla scia del delitto di Rovereto. Nel decreto saranno poi stanziati fondi per aumentare i Centri di permanenza e rimpatrio (Cpr) sul territorio, oltreché risorse per le forze di polizia che lo presidiano. Da via Arenula sarà invece approntata una norma per applicare agli scafisti il "reato di pirateria", che prevede pene fino a vent'anni di reclusione.
Musica per Salvini. Il ministro richiama i "suoi" decreti sicurezza e coglie l'occasione per un affondo contro l'Ue che suona come il gong per la campagna delle Europee. «Lampedusa, Ventimiglia o Trieste non sono confini italiani: sono confini europei», tuona dal Trentino. «L'Italia ogni anno manda miliardi di euro a Bruxelles, la difesa dei confini italiani deve essere una priorità europea. E ad oggi purtroppo non lo è stata, siamo sempre stati soli». In verità la gestione del sistema di accoglienza inizia a preoccupare l'intera maggioranza. Da un lato gli hotspot al collasso e l'hub di Lampedusa ormai allo stremo. Dall'altro la protesta trasversale dei sindaci che lamentano le falle del sistema di "accoglienza diffusa", ovvero la redistribuzione tra le Regioni dei migranti. A loro Mattarella è sembrato offrire una sponda a Rimini quando ha richiamato l'attenzione su «chi vaga senza casa, senza lavoro e senza speranza» e «chi vive ammassato in centri di raccolta, sovente mal tollerati dalle comunità locali». È questo un dossier che segue con una certa apprensione la stessa Meloni, tornata a Roma venerdì sera. «Dopotutto, è nelle città che si va a votare...», commentano dal cerchio della presidente. Di qui l'intenzione di dare un segnale ai primi cittadini e sgonfiare la mobilitazione che al Nord, specie nel Veneto di Luca Zaia, ha aperto crepe anche nel centrodestra.