Premierato, cosa è e cosa prevede la riforma approvata in cdm: il testo completo

Per il premier Giorgia Meloni è «la madre di tutte le riforme». Dall'elezione diretta del premier alla clausola anti-ribaltone, fino ai senatori a vita: ecco cosa cambia

Venerdì 3 Novembre 2023 di Riccardo Palmi
Premierato, cosa è e cosa prevede la riforma approvata in cdm: il testo completo

Dopo settimane di discussioni su spifferi, bozze, smentite, il testo sul premierato è stato approvato in cdm all'unanimità. Cinque articoli che vanno a ridisegnare la seconda parte della Carta. «La madre di tutte le riforme» - così l'ha ribattezzata il premier Giorgia Meloni - entra così nel vivo. Gli obiettivi, ha aggiunto la leader di FdI, sono due: «Garantire il diritto dei cittadini a decidere da chi farsi governare» e consentire a all'esecutivo «un'orizzonte di legislatura» di cinque anni.  

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L'elezione diretta del premier

Il testo della riforma è piuttosto snello, e va a toccare quattro articoli della Costituzione. Il primo tema riguarda il nuovo assetto dell'esecutivo: si prevede che il premier sia «eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni» contestualmente al voto per le Camere. Lo stesso premier deve anche essere un parlamentare. Oggi invece l'elettore vota per il rinnovo del Parlamento e poi il Capo dello Stato, sulla base del risultato elettorale, conferisce il mandato di formare un governo a chi ritiene sia in grado di ottenere la fiducia delle Camere. Di solito i partiti o le coalizioni indicano il loro candidato premier (è accaduto così con il governo Meloni) ma talvolta il risultato elettorale "obbliga" a cercare una soluzione diversa: come nel 2018, quando si arrivò dopo mesi di trattative tra M5s e Lega al nome di Giuseppe Conte (allora semplice avvocato e docente universitario di diritto).

La legge elettorale

E ancora, la riforma (altro inedito) inserisce un riferimento alla legge elettorale direttamente in Costituzione, prevedendo che si debba assicurare «rappresentatività e governabilità» ma anche un premio di maggioranza del «55 per cento dei seggi nelle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio». La ministra delle Riforme Elisabetta Casellati ha poi precisato in conferenza stampa che quella del 55% «rimane un'ipotesi minima, potremmo anche superarla». Non viene invece toccato il procedimento che prevede che sia il Capo dello Stato a nominare i ministri, seppur su proposta del premier, i ministri che andranno a comporre l'esecutivo.

Al centro infatti c'è la volontà di preservare al massimo grado le prerogative del Presidente della Repubblica, in quanto figura chiave dell'unità nazionale.

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La clausola anti-ribaltone

Il premier può essere «sostituito solo da un parlamentare: quindi fine dei governi tecnici. Non ci sarà più la possibilità di fare maggioranze arcobaleno», ha detto ancora Meloni in conferenza stampa. Nella riforma infatti si prevede una clausola anti-ribaltone: dopo il voto, il premier eletto alle urne ha due tentativi per ottenere la fiducia. Se non ce la fa, il Capo dello Stato è tenuto a sciogliere le Camere (e quindi a tornare al voto) senza poter individuare un sostituto, magari anche esterno all'arco parlamentare.

Se il premier eletto cessa dalla carica nel corso della legislatura, invece, il Capo dello Stato può incaricare al suo posto solo un «parlamentare che è stato candidato in collegamento» al premier per attuare il programma «su cui il Governo del Presidente eletto ha ottenuto la fiducia». Insomma, niente più governi di colore diverso, come accadde per esempio nel passaggio dal Conte I (sostenuto da Lega e M5s) al Conte II (targato Pd-M5s), né tantomeno premier tecnici come Mario Draghi o Mario Monti. Al massimo, un altro esponente della maggioranza.

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Le altre norme

E ancora, viene abrogata la figura del senatore a vita di nomina presidenziale (sono cinque). Potranno esserlo solo gli ex Capi di Stato, anche se viene specificato che i senatori a vita attualmente in vigore resteranno in carica. E ancora viene meno la possibilità (in realtà abbastanza teorica) per il Presidente della Repubblica di sciogliere solo un ramo del Parlamento (Camera o Senato). 

Ultimo aggiornamento: 5 Novembre, 09:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA