Un puzzle da comporre in fretta.
LE RISERVE
I rumors di una candidatura, per entrambe, si rincorrono da settimane. E almeno per quanto riguarda Giorgia Meloni, oggi potrebbe essere il giorno buono per sciogliere le riserve: l'occasione è quella della conferenza stampa di fine anno, poi spostata all'inizio del 2024. Difficile che, tra le tante domande a cui la premier dovrà rispondere, non ne capiti almeno una sulle sue future mosse con vista Bruxelles. Si candiderà, Meloni, così come fece nel 2019 (quando incassò oltre 430mila preferenze)? Tra chi è vicino al capo del governo, c'è chi è pronto a giurare di sì: Meloni correrà anche stavolta. Per trainare il risultato di FdI e incassare una riconferma indiretta degli elettori a poco più di un anno dall'approdo a Palazzo Chigi. Anche se, sempre stando ai rumors, il giorno scelto per annunciare l'impresa potrebbe non essere oggi, visto che prima la premier parrebbe essere intenzionata a condividere la scelta con i maggiorenti del suo partito.
Sta di fatto però che da quella decisione dipenderà gran parte della campagna elettorale, per il centrodestra. Se la premier correrà, va da sé che anche gli altri leader (Matteo Salvini e Antonio Tajani in primis) dovranno essere in prima linea, per non rischiare un effetto "cannibalismo" a opera di FdI. In caso contrario, invece, la corsa alle urne si giocherebbe su un altro livello. Con diversi ministri pronti a scendere in campo, ognuno come capolista in una diversa circoscrizione: Urso nel Nord-Est, Fitto al Sud, Lollobrigida nel Centro. E, magari, Meloni (sì, ma Arianna) al Nord-Ovest.
Ipotesi, per il momento. Ma se è vero che difficilmente la campagna elettorale entrerà nel vivo prima di marzo, si ragiona negli staff degli aspiranti candidati, le Europee si vincono con le preferenze. E quindi bisogna muoversi con un certo anticipo, per costruire il consenso. Specie se a correre, alla fine, non fosse la leader.
Ragionamenti non troppo dissimili da quelli che in queste ore risuonano dalle parti del Nazareno. Dove tra i tanti aspiranti in lizza per un seggio a Bruxelles si aspetta di sapere cosa farà Elly Schlein. «Ci sta pensando molto attentamente», ripete chi nelle ultime settimane ha ricevuto le confidenze della segretaria. Con un ostacolo in più, per quanto riguarda la leader dem: il rischio di trovarsi contro un pezzo del partito che potrebbe non gradire la scelta di candidarsi capolista in tutte le circoscrizioni (e poi rinunciare al seggio) soltanto per «personalizzare» la competizione con Meloni. Una mossa che «non è nello stile, nella tradizione e nella cultura del Pd», avvertono le donne della minoranza. Che segnalano: il rischio concreto, in caso di corsa solitaria della segretaria, è che «con l'obbligo dell'alternanza di genere nelle preferenze si finiscano per penalizzare ancora una volta proprio le donne». Una sorta di eterogenesi dei fini, in un partito che fa della questione di genere uno dei punti al centro dell'agenda.