M5S, Grillo in campo per evitare la scissione: «Non credo nel Parlamento»

Giovedì 24 Settembre 2020 di Emilio Pucci
M5S, Grillo in campo per evitare la scissione: «Non credo nel Parlamento»

Il caos nel Movimento 5Stelle dopo la débacle elettorale non accenna a placarsi, ma si lavora affinchè tutti i big siglino una sorta di pace armata' e si eviti il rischio scissione sempre più concreto. E alla testa dei mediatori si è messo proprio Beppe Grillo con i suoi appelli all'unità.
Mentre 7 parlamentari (cinque deputati e due senatori) si sono visti recapitare l0avviso di apertura di procedimento disciplinare per aver votato No al reeferendum, e tra 60 giorni potrebbero ritrovarsi espulsi, il pressing dell'ala governista su Di Battista è sempre pù forte: «Entri nel comitato collegiale questo l'invito e non provochi la spaccatura del Movimento». Ieri riunioni su riunioni. Si sono visti i cosiddetti facilitatori del futuro, un organismo creato qualche mese fa e di fatto subito disconosciuto. «Niente forzature da parte dei dirigenti. Così si aggira la base», l'allarme lanciato. Si sono incontrati gli esponenti di Parole guerriere', l'associazione che fa da contraltare alla Casaleggio associati e che chiede regole chiare e una maggiore democrazia interna. E ha cominciato ad organizzarsi l'area che fa riferimento ad Alessandro Di Battista.

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«Potremmo arrivare anche ad una cinquantina di parlamentari», spiega un deputato, ma in realtà al momento i seguaci del neo-picconatore' tra Montecitorio e palazzo Madama si contano sulle dita di una mano. Insomma per ora è tutti contro tutti, con Grillo che ieri in video collegamento con l'Europarlamento ha fatto nuovamente sponda a Casaleggio (i due si sono incontrati una settimana fa a Marina di Bibbiona siglando una tregua dopo le tensioni degli ultimi mesi), difendendo la democrazia diretta («non credo più in una forma di rappresentanza parlamentare») e soprattutto Rousseau, «una piattaforma ha argomentato - dove un cittadino può dire, consigliare, votare a tutti i livelli, proporre una legge. Oggi si può fare. Si può fare un referendum alla settimana».

L'APPUNTAMENTO
In tutto questo caos, stasera è prevista l'assemblea dei gruppi parlamentari. I numeri sono tutti per Di Maio, è lui che dopo aver vinto il referendum sul taglio dei parlamentari, ha indicato la strada e si appresta a diventare di nuovo il leader, come primus inter pares'. La sua linea è quella governista, dell'asse da rinsaldare con il Pd, in ottica delle prossime amministrative ma anche delle politiche. Il messaggio che big e ministri lanceranno è che «indietro non si torna», una battaglia che verrà portata avanti anche agli Stati generali, a colpi di mozioni dove il più debole sarà di fatto costretto ad adeguarsi oppure tagliato fuori.

LA DATA CHE NON C'È
Il fatto è che di questa kermesse ancora non c'è traccia e probabilmente non emergerà neanche la data, considerato che il capo politico Crimi ormai bersaglio della maggior parte di deputati e senatori per la sua tattica temporeggiatrice non ci sarà. Incontrerà i capigruppo, riferirà loro qual è il percorso ipotizzato ma ha deciso di sottrarsi alle polemiche che si apriranno nell'analisi del post-voto. L'accordo tra Di Maio e gli altri colonnelli - da Fico a Patuanelli, da Taverna a Buffagni - tiene. L'obiettivo è andare verso un direttorio allargato, il numero dei partecipanti non è ancora fissato. A Casaleggio si propone da tempo un contratto da fornitore di servizi ma il nodo è lungi dall'essere sciolto.
Il tentativo della pace armata presuppone un patto per superare la querelle sui nomi e andare sui temi da rilanciare, a partire dall'ambiente, dalla rivoluzione digitale e dal sostegno alle fasce più disagiate. Ma se fallisse l'intesa che propone Grillo (tutti dentro con uguale visibilità e possibilità di decidere le strategie) l'unica via all'orizzonte è quella della separazione. Con l'ipotesi che possa essere il Mes a causare la frattura. Qualora il premier Conte dovesse utilizzare l'arma che il Pd gli chiede di impugnare allora ci sarebbe la resa dei conti. Da una parte i governisti', dall'altra parte i duri e puri'. Difficile che si arrivi a tanto ma il premier Conte e il Pd sono preoccupati per la tensione che si è creata nel Movimento. Da qui la decisione di non forzare per ora, anche per i numeri risicati al Senato.
 

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Ultimo aggiornamento: 10:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA