Autonomia, c’è il primo sì in Senato. La Lega esulta, protesta l’opposizione

I voti a favore sono stati 110, i contrari 64 e gli astenuti tre

Martedì 23 Gennaio 2024 di Andrea Bulleri
Autonomia, ddl approvato al Senato: il provvedimento ora passa alla Camera

Ci sono voluti più di sei mesi, tra audizioni di costituzionalisti, tira e molla sulle modifiche da apportare, correzioni e riformulazioni.

Alla fine però, l’autonomia differenziata targata Roberto Calderoli ha raggiunto il giro di boa. Ieri l’aula del Senato ha detto sì alla legge cavallo di battaglia della Lega, che consentirà alle regioni a statuto ordinario che ne faranno richiesta di ottenere più ampi margini di manovra dal governo centrale su una lunga lista di materie (fino a 23): dall’istruzione alla sanità, dalla tutela dell’ambiente all’energia, dalle grandi reti di trasporto alla giustizia di pace e ai rapporti con l’Ue. La riforma con cui, insieme al premierato bandiera di Fratelli d’Italia, il governo Meloni punta a ridisegnare l’architettura istituzionale del Paese. 
 

LO SCONTRO
 

Il testo ora passa alla Camera per l’ok finale, che dovrebbe arrivare entro qualche settimana (di certo prima delle Europee di giugno). Ma il Carroccio già festeggia il «risultato storico»: «Un passo importante verso un Paese più moderno ed efficiente», esulta Matteo Salvini, seduto ai banchi del governo spalla a spalla con Calderoli. Una vittoria che il vicepremier dedica a Roberto Maroni, lo scomparso ex segretario federale della Lega a cui «mi sento di rivolgere un pensiero». 
Protesta, invece, l’opposizione, che parla di una norma «spacca-Italia». I senatori dem sventolano fogli A4 con su stampato il tricolore («dalla bandiera rossa è un bel passo avanti», ironizza prendendo la parola Andrea De Priamo). Poi, dopo il sì (con 110 voti a favore, 64 contro e tre astenuti), gli eletti Pd e M5S di Palazzo Madama intonano l’inno d’Italia. Al coro però si aggiungono subito le voci della maggioranza, come ad assicurare anche simbolicamente che la riforma non mette a rischio l’unità del Paese. E alla fine tutto il Senato canta Mameli. Tra i banchi della Lega, intanto, spunta una bandiera della Serenissima. E il caos a un certo punto è tale che il presidente di turno, Gian Marco Centinaio, deve sospendere la seduta. 
E mentre le maggioranza festeggia il risultato, «un punto del programma elettorale del centrodestra», Pd e M5S annunciano battaglia: «No a Regioni di serie A e di serie B, siamo pronti al referendum abrogativo», va all’attacco Francesco Boccia. Rilancia Elly Schlein: «Il silenzio-assenso dei presidenti delle Regioni del Sud di destra è ancora più grave, prepariamoci alla mobilitazione». Intanto, a chi parla di “barattellum” (il «baratto» tra Lega e FdI su Autonomia e premierato), ribatte il capogruppo leghista Massimiliano Romeo: «Baratto? Un patto di maggioranza di cui andiamo assolutamente fieri: giusto che più poteri al premier siano controbilanciati dall’altra parte più autonomia sul territorio», argomenta il presidente dei senatori del Carroccio. 

 

«RISULTATO STORICO»
 

Insieme ai governatori della Lega, esulta il ministro per gli Affari regionali Calderoli: «Un passo avanti verso un risultato storico, importantissimo e atteso da troppo tempo. Oggi è una bella giornata: una risposta a quelle 14 Regioni su 15 a statuto ordinario che ce l’avevano chiesto». Mentre il campano Vincenzo De Luca, del Pd, parla di un «tradimento» del Sud. Critiche a cui da FdI replica De Priamo, l’uomo che ha seguito il dossier per i meloniani (autore dell’emendamento per cui, per ogni euro in più speso per le regioni che chiederanno l’Autonomia, lo stesso importo dovrà essere destinato anche alle altre, seppur a invarianza di bilancio). Una modifica che «garantisce che i presunti svantaggi per il Sud non ci saranno», scandisce il senatore di FdI. Dunque «non ci sarà alcun danno, solo un’opportunità. E anche le Regioni del Centro e del Sud la potranno cogliere». Si dissocia dagli altri senatori di Azione (che si astiene), invece, Mariastella Gelmini, che da ministra del governo Draghi promosse una legge di attuazione dell’autonomia con capisaldi non dissimili e dunque vota sì: «Non si può cambiare idea a seconda che si vestano i panni della maggioranza o dell’opposizione. La vera sfida ora – aggiunge – sarà il finanziamento dei Lep», i livelli essenziali delle prestazioni. Senza definire i quali, la riforma non potrà di fatto entrare in vigore. E per allora – è la convinzione che corre dentro FdI – anche il premierato, su cui i meloniani ora si preparano a premere l’acceleratore, sarà in dirittura d’arrivo. 

Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 07:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA