Flavio Carboni, chi era il faccendiere morto a 90 anni

Lunedì 24 Gennaio 2022
Flavio Carboni, chi era il faccendiere morto a 90 anni

Novant'anni compiuti il 14 gennaio, Flavio Carboni - morto oggi a Roma per un infarto - è apparso e scomparso nei pricipali filoni dei "misteri italiani" dagli anni Settanta in poi, collezionando una lunga serie di denunce e di processi terminati tuttavia quasi sempre con assoluzioni.

Sassarese di origine, non ha del resto mai nascosto di conoscere molti dei persaggi a lui collegati ad esempio per il crack del Banco Ambrosiano, la morte mai chiarita di Roberto Calvi, le trame della loggia massonica P2 e pure quella P3.  E ancora: i presunti rapporti con il tesoriere della mafia Pippò Calò, la scomparsa di Emanuela Orlandi, il rapimento di Aldo Moro. All'inizio Carboni si è tuttavia segnalato come imprenditore edile e immobiliarista negli anni del boom del turismo in Sardegna. L'ultima volta è stato arrestato nel 2010 nell'ambito di un'inchiesta sui parchi eolici.

L'ultima intervista

«Non ho mai conosciuto Gelli, non ho mai fatto parte della P2». Anzi, «non ho mai fatto parte della massoneria in generale. Che poi abbia conosciuto tanti personaggi di primissimo piano - come tutti a quell'epoca del resto - che potessero avere simpatie o aderire a logge è un'altra storia», aveva detto Carboni all'Adnkronos, l'11 marzo dello scorso anno, nella sua ultima intervista. Imprenditore e uomo d'affari è stato tirato in ballo in tanti misteri italiani, dal crack del Banco Ambrosiano all'omicidio di Roberto Calvi, fino alla cosidetta loggia P3, ribattezzata così dalla stampa proprio per sottolinearne l'asserita assonanza con la loggia P2 di Licio Gelli, caso ancora aperto per il quale nel 2018 Carboni è stato condannato in I grado a 6 anni e 6 mesi. Una storia, quella della P3, che l'imprenditore nell'intervista liquidava come «un'altra grottesca invenzione», sottolineando come «di tutti i personaggi che sarebbero stati coinvolti nella P2 non ce n'era uno in questa che hanno chiamato P3... Né nessuno peraltro che avesse una qualche partecipazione in organizzazioni massoniche di sorta...».

 

Quanto alla loggia di Gelli, raccontava, «ho avuto un rapporto molto intenso con Armando Corona, gran maestro del Grande Oriente, e della P2 so quello che mi ha detto lui - racconta Carboni - Uno dei grandi protagonisti della formazione di quella branca massonica penso sia stato Umberto Ortolani, credo possa definirsi il 'padre' della P2. Poi Gelli ne è stato un ottimo allievo nello svilupparla e nel raccogliere tutte quelle adesioni molto importanti, di qualità... Ci sarebbe stato perfino l'allora capo del Sismi, Giuseppe Santovito. Se c'è qualcosa da domandarsi, dunque, è come mai la P2 abbia raccolto il consenso di tanti autorevoli personaggi».

Quanto al collegamento con stragi, eversione nera, depistaggi, «molti partecipanti alla P2 dichiaratamente facevano parte della destra - diceva Carboni nell'intervista del marzo 2021 -, ma non certo della destra estremista, rivoluzionaria o violenta. Quelli che ho conosciuto io erano tutt'altro che violenti: Santovito era un bonaccione che tutto poteva fare meno che il capo dei servizi segreti e i commenti che ho avuto da Corona non erano certo tutti favorevoli alla P2 ma neanche accennò mai a degli estremismi reazionari così violenti, sanguinari».

Dunque, i collegamenti con stragi o fatti di sangue, «li apprendo da ciò che si legge sui giornali, dalle accuse. Però se dovessi dare retta alle accuse cosa non sarei io? Riina farebbe ridere al mio confronto», osservava l'imprenditore. «Io credo che alla P2 moltissimi abbiano partecipato come in genere si partecipa a queste associazioni: per fare carriera, per migliorare i rapporti, per fare conoscenze, per fare affari. Poi magari ci sono i buoni e i cattivi, come in tutte le cose. D'altra parte - aggiungeva - di tutto quello che si è detto della P2 cosa rimane infondo? Quasi tutti sono stati assolti dalla Cassazione, e non credo che anche i giudici fossero tutti coinvolti e complici di questi cosiddetti piduisti...».

Il ricordo dell'ex 007 Francesco Pazienza

«Flavio Carboni era un tipico personaggio italiano che sapeva destreggiarsi magnificamente in mezzo ai casini del nostro Paese e ai misteri, che poi in Italia di misteri non ne esistono, la storia dei misteri italiani l'avete inventata voi giornalisti, in Italia si sa tutto di tutto e di tutti». A dirlo all'AdnKronos è l'ex 007 Francesco Pazienza, parlando della morte di Flavio Carboni. «Carboni navigava nelle acque italiane dagli anni '60, l'ho conosciuto talmente bene da fare la stupidaggine di presentarlo io a Roberto Calvi - spiega Pazienza -, lui con la P2 non c'entrava assolutamente niente. Carboni l'uomo dei misteri? Ma figuriamoci, quali misteri, per favore…c'è una famosa foto, che io ho, in cui si vede Carboni sotto braccio a Ciriaco De Mita il giorno stesso in cui De Mita fu eletto segretario della Dc prendendo il posto di Flaminio Piccoli. Ci sarà un motivo, o no? Questo dimostra che Carboni era solo uno che sapeva destreggiarsi».

«La mega villa faraonica di Berlusconi in Sardegna, ad esempio - aggiunge Pazienza -, chi gliel'ha trovata? Flavio Carboni, che aveva intortato il pastore che aveva i terreni, si chiamava Tamponi, e poi erano passati a Berlusconi, di cui Carboni era molto amico all'epoca in cui Berlusconi faceva solo l'immobiliarista».

«L'ho conosciuto bene, Carboni - chiosa Pazienza -, ricordo quando nella villa di Cabassi, che Cabassi mi aveva prestato per fare le vacanze con Calvi nell'estate del 1981, si presentò con una forma di pecorino sardo che era praticamente due metri di diametro. Eccome se l'ho conosciuto. E no, non era l'uomo dei misteri».

Ultimo aggiornamento: 09:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA