Chiara Ferragni, si indaga anche sulla bambola Trudi. Lei replica: «Ricavi donati a organizzazione anti-bullismo»

Dopo pandoro e uova, altri guai per l'imprenditrice digitale

Sabato 6 Gennaio 2024 di Federica Zaniboni
Chiara Ferragni, dopo il pandoro e l'uovo di Pasqua si indaga anche sulla bambola Trudi

I famosi pandori Balocco potrebbero non essere il solo «errore di comunicazione» commesso dall’imprenditrice digitale più famosa di Italia.

Dopo il caso dei dolci natalizi e delle uova di Pasqua, le indagini sembrano sul punto di allargarsi anche ad altre campagne benefiche. Negli stessi giorni in cui Chiara Ferragni ha deciso di tornare sui social, mentre i follower continuano a fuggire e i suoi negozi restano vuoti, gli inquirenti vogliono vederci chiaro. Il prossimo prodotto a finire nel mirino potrebbe essere proprio bambola Trudi, il pupazzo limited edition comparso sull’e-commerce “The Blonde Salad” nel 2019, i cui ricavi sarebbero stati destinati all’associazione Stomp Out Bullying. Ulteriori dubbi vi sarebbero poi anche sul caso del cachet di Sanremo: circa 100mila euro che l’influencer aveva deciso di devolvere interamente all’Associazione Nazionale D.i.Re (Donne in rete contro la violenza). A quanto si apprende, la donazione in questo caso sarebbe «arrivata correttamente», ma saranno gli eventuali approfondimenti a stabilirlo. Nei prossimi giorni, intanto, potrebbe giocare un ruolo decisivo l’informativa della Guardia di Finanza sul caso dei pandori “Pink Christmas”, attesa a breve sul tavolo della procura di Milano che al momento ha aperto un fascicolo senza indagati e senza ipotesi di reato.

LA FUGA
Nonostante il ritorno della Ferragni su Instagram questa settimana, con le solite foto dei bambini, della cagnolina Paloma e degli ultimi giorni di feste in famiglia, la tempesta piombata su di lei non sembra volersi placare. A ormai tre settimane dalla diffusione della notizia della multa da 1 milione di euro inflitta dall’Antitrust a due delle sue società, i seguaci su Instagram - che ammontano in totale a 29,5 milioni - continuano a calare, così come, sembrerebbe, le collaborazioni con vari brand. Dopo Safilo Group, si è già tirata indietro anche Coca-Cola, mentre altri marchi che hanno contratti attivi con la Ferragni stanno valutando il da farsi. Secondo una stima, considerando circa 95mila euro di guadagno per ogni post in partnership con un’azienda, le oltre due settimane di silenzio social potrebbero essere costate all’influencer già più di un milione. Le nuove indiscrezioni su un possibile più ampio raggio di indagine potrebbero non migliorare la sua reputazione. La bambola Trudi, miniatura della mascotte comparsa nei giorni del matrimonio Ferragnez, che rappresenta a tutti gli effetti una Chiara di pezza, era stata presentata sui social nella primavera di cinque anni fa. «Tutti i profitti andranno a Stomp out Bullying, un’organizzazione no profit che lotta contro il cyberbullismo, un argomento che mi sta molto a cuore». 

NUOVA TEGOLA
Alla notizia dei possibili accertamenti anche sul pupazzo, ai tempi venduto a 34,99 euro, la società Tbs crew Srl, controllata dalla Ferragni, si è affrettata a precisare che «il tutto è avvenuto totalmente in linea con quanto comunicato sul canale Instagram di Chiara Ferrani e sugli altri riconducibili a Tbs crew srl» poiché i ricavi tramite l’e-commerce sono relativi a vendite effettivamente avvenute «nel luglio del 2019». Infine la società specifica che «l’impegno a favore di Stomp out Bullyin ha riguardato – come dichiarato nei materiali di comunicazione – esclusivamente le vendite delle bambole fatte sul canale e-commerce diretto e non anche su altri canali gestiti da terzi». 

LA RIUNIONE
Ma il pupazzo Trudi e la donazione dei 100mila euro provenienti dallo scorso Sanremo potrebbero non essere le sole attività a finire sotto la lente della magistratura. Gli inquirenti puntano infatti ad approfondire ogni eventuale prodotto promosso dall’influencer sui suoi profili social a scopo benefico. In attesa degli sviluppi giudiziari, si sta mettendo in cantiere anche una norma ad hoc che qualcuno nei corridoi tra Montecitorio e Palazzo Chigi, ha già battezzato con il cognome della influencer. In sostanza, sarebbe intenzione di Giorgia Meloni, di fare ordine nel far west della beneficenza. E soprattutto impedire a monte pratiche commerciali scorrette e campagne di marketing allusive per promuovere cause che di benefico, a conti fatti, rischiano di avere ben poco. Domani il procuratore aggiunto Eugenio Fusco, che coordina l’inchiesta milanese, ha in programma una riunione operativa con gli investigatori del nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf per fare il punto della situazione sul caso pandoro.

Ultimo aggiornamento: 7 Gennaio, 09:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA