Una lettera impegnava la banca a riacquistare le proprie azioni

Venerdì 28 Luglio 2017
Una lettera impegnava la banca a riacquistare le proprie azioni
VICENZA - (m.cr.) La difesa di Samuele Sorato, l'ex consigliere delegato e direttore generale di Popolare Vicenza, è un'accusa precisa al suo storico presidente: «Niente accadeva all'insaputa di Zonin». Un sodalizio iniziato nel 2008 e finito nel maggio del 2015 con le dimissioni prima del diluvio che ha affodnato la banca portandola in liquidazione coatta: «Zonin voleva scaricarmi tutte le responsabilità». Sorato nel corso di un interrogatorio, redatto a verbale in forma riassuntiva nelle indagini preliminari chiuse due giorni fa, si è detto convinto che l'allora presidente Gianni Zonin «mi abbia chiesto di lasciare la Banca non già per il bene dell'istituto ma per un proprio interesse personale ovvero per scaricarmi addosso le responsabilità evidenziate con il rapporto ispettivo dell'Audit in merito al capitale finanziato». La cifra monstre di 963 milioni di baciate che secondo l'accusa dei pm Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori avrebbe gonfiato il patrimonio della banca dando l'impressione di una solidità dell'istituto che invece per gli inquirenti aveva i piedi d'argilla, da qui l'accusa per Sorato, Zonin e altri cinque ex manager di aggiotaggio, ostacolo alal Vigilanza e falso in prospetto.
La considerazione messa a verbale da Zonin è legata a una risposta articolata data ai pm vicentini riguardo allo svolgimento di una ispezione Bce presso la BpVi nel 2015. Sorato era uscito dalla Banca all'inizio di maggio di quell'anno. L'ex direttore ha riferito ai pm che durante un colloquio Zonin gli aveva chiesto di lasciare la banca «per il bene» dell'istituto e che «era venuta meno la fiducia nei miei confronti», facendogli capire che avrebbero poi lasciato altri dirigenti oltre che lui stesso. «In sostanza, Zonin - dice Sorato a verbale - mi ha chiesto di interrompere il rapporto con BpVi, dicendomi: troverà un altro posto, l'aiuterò anch'io, le diamo quello che le spetta da un punto di vista economico». In quel contesto, Sorato aveva consegnato al presidente delle lettere dirette a un'altra persona «con cui chiedevo di compiere ogni accertamento in ordine agli investimenti nei Fondi e ai finanziamenti correlati». Cioè era già scattato l'allarme.
Per l'ex Ad ed ex direttore generale della Banca Popolare di Vicenza «era impossibile fare una cosa all'insaputa di Zonin» all'interno della banca. È quanto si legge nel verbale dell'interrogatorio di Sorato davanti ai pm di Vicenza dello scorso 6 aprile, redatto in forma riassuntiva.
Il passaggio dedicato da Sorato a Zonin si inserisce nell'ambito della ricostruzione, fatta dal manager, di una lettera sottoscritta il 30 ottobre 2012 a favore di Palladio Finanziaria (salotto buono della finanza del Nordest che aveva tra i soci anche Veneto banca e aveva tra i soci Roberto Meneguzzo, coinvolto in altre inchieste) che conteneva l'impegno della banca al riacquisto delle proprie azioni. Sorato ammette di aver sottoscritto la missiva, definita però «non impegnativa» e meramente «esplicativa», su richiesta dell'allora numero uno della finanziaria vicentina, Roberto Meneguzzo, che necessitava di un documento da allegare il bilancio di Palladio «che contenesse le modalità di regolamento del titolo».
«Il presidente Zonin era a conoscenza di questa lettera - racocnta Sorato -. Rammento anche che lo stesso Zonin era presente all'incontro in cui Meneguzzo ha formulato la richiesta di avere la lettera in questione», ricorda Sorato. Che, a questo punto precisa che «in generale era impossibile fare una cosa all'insaputa di Zonin all'interno della banca, nel senso che era un mio modus operandi informare il presidente di ogni attività della banca» e anche «sui rapporti e incontri che avevo con terze persone attinenti all'attività di Bpvi».
Sorato e Zonin, nell'ambito dell'inchiesta su Bpvi, si sono accusati reciprocamente della responsabilità delle presunte condotte illecite contestate dai pm.
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