Morta a sedici anni 6 anni e 6 mesi al pusher

Venerdì 12 Luglio 2019
IL CASO
UDINE Sei anni e sei mesi di reclusione. È questa la sentenza di condanna pronunciata ieri dal Tribunale di Udine nei confronti di Jamil Shaliwal, il giovane afgano di 25 anni accusato di aver ceduto la dose letale di eroina gialla che provocò la morte della giovane studentessa friulana, 16 anni, deceduta a causa di un'overdose in un bagno della stazione ferroviaria di Udine il pomeriggio del 3 ottobre scorso. Il verdetto di colpevolezza è stato letto in aula dal Presidente del collegio, Paolo Alessio Vernì, a latere i giudici Carlotta Silva e Giulia Pussini, dopo quasi due ore di camera di consiglio. Accogliendo la ricostruzione della Procura, i giudici lo hanno ritenuto colpevole di aver ceduto alla ragazzina e all'amico minore che si trovava con lei quel pomeriggio 0,7 grammi di eroina e di aver causato per questo, come conseguenza non voluta, la morte della minore. Shaliwal era accusato anche di una ventina di altri episodi di cessione di eroina. Esaurita alla scorsa udienza l'istruttoria dibattimentale, nel processo celebrato con il giudizio immediato, la discussione si è aperta ieri con la requisitoria del pubblico ministero Andrea Gondolo.
L'ACCUSA
Il sostituto procuratore, titolare dell'indagine condotta dalla Polizia con la Squadra Mobile di Udine, diretta dal Vice Questore aggiunto Massimiliano Ortolan, e la Polfer, ha ricostruito in aula le ultime 48 ore di vita della ragazzina, anche attraverso i messaggi whatsapp scambiati con il coetaneo e ha proiettato un video di una quindicina di minuti, montato con le immagini più significative delle decine di telecamere di videosorveglianza della zona visionate nel corso delle indagini dagli investigatori. Le immagini mostrano la presenza dell'imputato nella zona in concomitanza con i minori. Nel video si vede anche il giovane straniero allontanarsi in direzione del luogo della cessione in un orario compatibile con la stessa. Dalle telecamere sono state estrapolate anche le immagini dei due ragazzini che camminano nel sottopasso della stazione ferroviaria, fino all'ultima immagine della giovane studentessa ancora in vita. Tutti elementi che il pm Andrea Gondolo ha messo in fila, uno dietro l'altro, per arrivare a chiedere la condanna dell'imputato a sei anni di reclusione, una pena calcolata partendo dal reato più grave, quello della morte come conseguenza di altro delitto, senza generiche e senza sconti di rito.
LA DIFESA
Tesi che l'avvocato della difesa Giovanni De Nardo, nell'argomentare la sua richiesta assolutoria, ha cercato di smontare affermando l'inattendibilità, la reticenza e l'inverosimiglianza della ricostruzione di quanto accaduto, sia per la cessione della dose che ha causato la morte sia per le altre che sarebbe stata fornita dal ragazzino, teste chiave dell'accusa. Secondo la difesa inoltre i due minori sarebbero stati consapevoli della pericolosità di quella sostanza. Il legale ha sollevato anche dei dubbi su chi, materialmente, avrebbe iniettato lo stupefacente alla minore. Circostanza questa che, unita al farmaco assunto quella mattina dalla giovane vittima, sarebbe valsa sempre secondo la difesa a interrompere il nesso causale, indipendentemente da chi abbia ceduto la sostanza. Le obiezioni erano state anticipate poco prima, per smontarle, dall'avvocato Marco Cavallini, legale dei genitori e delle due sorelle della ragazzina. E' irrilevante quanto accaduto nel bagno. Non fa venir meno la responsabilità dello spacciatore. Non viene meno il nesso causale, ha affermato nel chiedere una pronuncia di penale responsabilità dell'imputato e il risarcimento dei danni. Leggeremo le motivazioni e faremo appello, ha affermato il legale dell'imputato.
Elena Viotto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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