LA SPARATORIA
TREVISO È il 23 settembre 2017, un sabato, quando Yassine

Mercoledì 10 Giugno 2020
LA SPARATORIA TREVISO È il 23 settembre 2017, un sabato, quando Yassine
LA SPARATORIA
TREVISO È il 23 settembre 2017, un sabato, quando Yassine Lemfaddel si presenta alla Lb di Bagnoli di Sopra, nel Padovano. Ha un coltello da 33 centimetri ed entra nell'ufficio del suo ex titolare, Benedetto Allia. Il 32enne trevigiano è assieme a Francesco Mazzei, 38enne crotonese residente in Germania. È lì per del denaro, un credito non saldato, anche se il vero motivo della successiva discussione non è stato mai chiarito. Ma quella lite, in verità, assume i contorni di un'imboscata. Lemfaddel ferisce al cuoio capelluto Allia, ma quest'ultimo impugna un fucile (risultato poi rubato a Stanghella nel 2015) e apre il fuoco. Mazzei muore praticamente sul colpo, mentre il 32enne riesce a scappare, anche se rimane gravemente ferito. Sale su una Mercedes e si allontana a tutta velocità. La sua corsa si conclude dopo poco più di un chilometro, davanti al bar di una stazione di servizio. Entra nel locale e, tenendosi con una mano la ferita sanguinante, chiede aiuto alla barista, che chiama un'ambulanza.
I PROCESSI
In Appello, lo scorso dicembre, è stata confermata la sentenza di primo grado, 17 anni e 8 mesi, a Bendetto Allia (titolare della società), finito alla sbarra per omicidio volontario premeditato, tentato omicidio e per la ricettazione del fucile rubato. A gennaio si è aperto però anche il processo a Lemfaddel, accusato di lesioni personali nei confronti di Allia. Anche dopo l'appello però il movente del delitto però è rimasto oscuro. Gli inquirenti sono solo riusciti a trovare il filo conduttore tra Allia e le due vittime. Si tratta di un cittadino iracheno ora a Stoccolma in Svezia, che nei giorni prima dell'omicidio ha avuto una serie di contatti telefonici con l'industriale di Bagnoli e, da quanto è emerso dalle indagini, anche con le due vittime. La mattina di sabato 23 settembre 2017 Benedetto Allia aveva mandato via i suoi operai verso le 10.30. «Il turno è finito», aveva detto il giovane imprenditore. Perché quel mattino la L.B. - azienda di verniciatura con capitale sociale irrisorio, nemmeno mille euro sarebbe diventata palcoscenico di un regolamento di conti. Poche ore dopo infatti sul piazzale dell'azienda rimase il corpo senza vita di Francesco Mazzei. Quattro colpi: uno, mortale, aveva colpito Mazzei; un altro aveva ferito il lavoratore mentre gli altri due sono finiti uno sul muro e uno sulla porta della fabbrica.
I PRECEDENTI
Lemfaddel, uscito dal carcere dove aveva scontato 4 anni per violenza privata e violazione di domicilio (nel 2009 per sfuggirgli l'ex fidanzata si lanciò dalla finestra procurandosi una lesione vertebrale), aveva lavorato come rappresentante, venduto auto, e infine trovato una sistemazione nella ditta di sabbiatura. Era stato Salvatore Allia, padre di Benedetto, ad aiutarlo. Forse perché condividevano la dura esperienza del carcere. Salvatore era in affidamento in prova dopo una condanna a 20 anni per omicidio e occultamento di cadavere: nel 2003, a Monfalcone, uccise il pierre di una discoteca, Paolo Grubissa. Tornato in libertà, aveva preso le redini dell'azienda intestata alla moglie e aveva accolto sotto la sua ala protettrice anche Yassine. Oltre a dargli un lavoro, lo aveva aiutato a trovare casa per sé e per la sua famiglia. A maggio 2017 però, per Salvatore si erano aperte nuovamente le porte del carcere, questa volta a Vicenza: fine dell'affidamento, doveva scontare altri sei mesi per aver violato alcune restrizioni. La guida della LB era quindi passata alla moglie e al figlio Benedetto. Il rapporto tra quest'ultimo e Yassine però si è subito deteriorato. Oltre all'episodio dell'ex fidanzata che per sfuggirgli rischiò di rompersi l'osso del collo, il 32enne fu coinvolto in un pestaggio avvenuto in carcere di Pordenone. Durante l'ora d'aria vi fu una rissa tra detenuti, venne colpita anche una guardia penitenziaria, e Lemfaddel pagò con 4 mesi aggiuntivi per il pugno ma venne assolto per le botte agli altri carcerati. L'accusa ipotizzò che lo scontro fosse stato ideato da lui per far accettare la sua leadership all'interno della struttura, ma non fu mai dimostrato nulla.
A.Belt
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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