Il ritorno delle badanti: «Un registro per monitorarle»

Giovedì 9 Luglio 2020
IL NODO
TREVISO «Il nodo della prevenzione contro il coronavirus per le badanti che rientrano dai Paesi dell'Est non può essere lasciato solo nelle mani dei datori di lavoro. In questi casi gli stessi datori di lavoro, cioè gli anziani e le loro famiglie, rappresentano un anello debole. Ci deve essere un piano generale, gestito attraverso un registro delle badanti da parte della Regione, in modo da prevedere i test per chi lavora e la quarantena per chi rientra dall'estero. Solamente così sarà possibile tenere sotto controllo l'intero sistema dal punto di vista sanitario». Paolino Barbiero, segretario dello Spi-Cgil di Treviso, parla come sempre in modo diretto.
LE SEGNALAZIONI
È il primo a dire che gli anziani e le loro famiglie devono dare il proprio contributo. «Cioè segnalando eventuali rientri delle badanti specifica ci deve essere una sensibilizzazione in tal senso. Ma non si può chiedere ai datori di lavoro di fare tutto da soli». Per Barbiero attraverso un registro regionale sarebbe possibile sapere chi sta lavorando in Italia e chi invece si trova all'estero e poi dovrà rientrare. Si tratta di un passo ritenuto fondamentale, tanto più alla luce di una costante aumento delle posizioni di lavoro regolari in questo ambito. In altre parole, si sta assistendo a una riduzione delle attività pagate in nero. «La situazione attuale sarebbe l'ideale per procedere subito con un censimento preciso delle badanti attive nel nostro territorio», sottolinea Barbiero. Attraverso la creazione di un vero e proprio registro, poi, sarebbe possibile inquadrarle a tutti gli effetti come operatori della sanità. «E questo consentirebbe di prevedere dei corsi di formazione e di far fare loro anche dei salti di qualità mette in chiaro il segretario dello Spi-Cgil l'attività di assistenza agli anziani ha un valore enorme. Se si pensa che sia realmente così, allora va salvaguardata». Tanto più che negli ultimi anni le badanti si sono moltiplicate.
I NUMERI
Adesso assistono qualcosa come 50mila anziani in tutto il Veneto. Un'intera città. «Davanti a questi numeri bisogna pensare che può bastare anche solo un caso non controllato per far scoppiare un focolaio di coronavirus conclude Barbiero ecco perché non si può affidare tutto il controllo sul piano sanitario a ogni singolo anziano o famiglia, visto che di questi parliamo quando si fa riferimento ai datori di lavoro. Serve un'organizzazione generale da parte della Regione per per garantire la sicurezza di tutti».
M.Fav
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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