I PRECEDENTI
MARGHERA Manca il fiato ogni volta che si alza del fumo da Porto

Sabato 16 Maggio 2020
I PRECEDENTI MARGHERA Manca il fiato ogni volta che si alza del fumo da Porto
I PRECEDENTI
MARGHERA Manca il fiato ogni volta che si alza del fumo da Porto Marghera. Anche quando c'è vento che lo spazza da un'altra parte, anche quando si accendono le torce che dovrebbero tenere a bada gli inquinanti. Manca il fiato perché non sai cosa può succedere, che cosa sta bruciando. Ieri quell'impianto vicino alla Sapio (e a Marghera sanno tutti cosa vorrebbe dire un incendio alla Sapio), poco meno di tre anni fa alla Ecoricicli, la società di Veritas a Fusina, dove bruciò come un fiammifero quel nuovo impianto per il trattamento dei rifiuti ingombranti.
Anche allora erano più o meno le 10 del mattino. Sul posto arrivarono 16 mezzi dei vigili del fuoco che, per riuscire a domare l'incendio, lavorarono per l'intera giornata dell'8 giugno 2017. Le fiamme partirono da un trituratore di rifiuti che era in attività all'interno del capannone (il processo sulle cause del rogo è tuttora in corso e nell'udienza di febbraio è stata disposta una perizia d'ufficio, perché non si esclude l'origine dolosa). Ben presto anche in quel caso si alzò una colonna di fumo che mise in allarme non solo Marghera, ma anche tutta la terraferma, il centro storico, la Riviera del Brenta. Fumo nero dovuto anche alla presenza di pile di pneumatici, ma la vera paura era quella di una possibile estensione delle fiamme anche verso il deposito di gasolio e benzina di Decal, a due passi dal capannone di Veritas. Un pericolo anche quella volta scongiurato grazie all'intervento dei vigili del fuoco che riuscirono a isolare l'incendio e a circoscriverlo alla sede di Ecoricicli. E il giorno dopo arrivarono pure gli esiti dei campionamenti dell'Arpav che, fortunatamente, accertarono che non si trattava di emissioni pericolose. Anche se non si è trattato di aria di montagna.
Ma ci sono anche le torce di Eni-Versalis. Torce che nel 2019, ma per un paio d'ore anche nel gennaio scorso, sono state accese più volte per problemi al compressore. Le fiaccole, infatti, rappresentano un sistema di sicurezza nella gestione degli impianti, bruciando il gas in uscita. «Sentiremo Eni sulle motivazioni - aveva detto nel luglio 2019 il sindaco Luigi Brugnaro, dopo la bellezza di sei allarmi a poca distanza l'uno dall'altro -. Loro dicono che sono motivazioni tecniche, ma indubbiamente ci dovranno spiegare meglio quali sono i loro programmi futuri». All'epoca l'Assemblea permanente contro il rischio chimico arrivò anche a chiedere che quelle sirene che ieri hanno dato l'allarme alla popolazione (suonando poi verso le 14 anche per il cessato allarme), vengano attivate «anche quando si accendono le torce, in modo da avvisare comunque i cittadini».
E al Petrolchimico c'è ancora chi ricorda quell'incidente del 3 luglio 2007 alla Polimeri Europa (sempre di Eni e sempre di mattina) quando un'altra colonna densa e scura si levò sopra il cielo di Marghera, visibile a chilometri di distanza, la stessa azienda nella quale pochi giorni prima (il 20 giugno) si era verificato un altro evento anomalo con la dispersione nell'aria di etilene e cumene durante il caricamento di una nave. Ad andare in tilt fu un compressore di riserva collegato al ciclo di cracking per la produzione di propilene e di etilene, con la conseguente decisione di Eni di fermare gli impianti e ricontrollare tutto.
Ma i precedenti non finiscono qui, perché l'incubo chimico a Marghera è di casa. Il caso probabilmente più grave risale al 28 novembre del 2002 con l'esplosione di un impianto del Tdi della Dow Chemical a pochi passi del fosgene. Le sirene hanno dato l'allarme alle 20.32 e se l'esplosione fosse proseguita fino a raggiungere quel gas, spinta dal vento che quella sera era pressoché inesistente, sarebbe stata una catastrofe.
Fulvio Fenzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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