L'ira di Calenda sulla Embraco: «Gentaglia»

Martedì 20 Febbraio 2018
LA CRISI
ROMA Il tavolo è saltato. E ricostruirlo non sarà facile. Quella di ieri è stata una giornata ad altissima tensione tra il governo e il gruppo Whirpool che ha deciso di delocalizzare in Slovacchia la produzione di Embraco dello stabilimento piemontese di Chieri con il licenziamento di 500 lavoratori. Dopo settimane di trattativa al ministero del lavoro per trovare uno sbocco alla vertenza, ieri sono volate parole pesanti. Calenda ha chiamato i vertici del gruppo che produce elettrodomestici per avere una risposta alla proposta del governo di non licenziare i lavoratori, ma di utilizzare una cassa integrazione per il tempo necessario a reindustrializzare lo stabilimento.
Ma la multinazionale ha risposto picche, motivando il rifiuto della proposta con le conseguenze che il titolo del gruppo avrebbe potuto subire in Borsa. Una presa di posizione che ha fatto perdere le staffe a Calenda, che ha definito, poi correggendosi, «gentaglia» e «irresponsabili» i suoi interlocutori, e rifiutandosi di riceverli ulteriormente e promettendo «guerra». La strategia è già delineata. Oggi il ministro dello Sviluppo economico vedrà il commissario europeo alla concorrenza, la danese Margrethe Vestager. Qualche giorno fa Calenda aveva inviato una lettera alla garante dell'antitrust comunitario chiedendo di verificare se le condizioni fiscali e gli aiuti offerti dalla Slovacchia, ma anche da altri Paesi dell'Est Europa, alle imprese continentali, non costituiscano un aiuto di Stato illegittimo. «Non possiamo avere Paesi», ha ribadito ieri il ministro ai microfoni di Radio 24, «con una fiscalità enormemente differente che prendono aziende da altri Paesi, con un dumping interno al mercato unico europeo».
IL VERTICE
In realtà la seconda cosa che Calenda vuole verificare con la Vestager, è la possibilità di attivare la clausola dei Trattati europei che consente ad uno Stato membro di bypassare le norme sugli aiuti, replicando un pacchetto di agevolazioni offerto ad un'impresa presente sul suo territorio da parte di un altro Stato. «In questo caso», ha detto il ministro, «saremmo in un'altra partita che possiamo combattere ad armi pari». Cosa succederà adesso? La procedura di licenziamento rimarrà aperta fino al 25 marzo. Per provare a trovare una soluzione resta, insomma, poco più di un mese. Il tempo stringe. Ieri Calenda ha subito attivato Invitalia, la società pubblica controllata dal ministero, per tentare di trovare una soluzione alternativa per reindustrializzare il sito, a questo punto, senza più l'apporto di Embraco.
LE REAZIONI
Al suo fianco il ministro ha visto schierarsi tutti i sindacati. «La posizione di Embraco si conferma irresponsabile e provocatoria», ha detto il segretari confederale della Cgil Maurizio Landini. «Alla richiesta dei sindacati e dello stesso ministro Calenda di sospendere i licenziamenti e attivare la cassa integrazione per permettere di ricercare soluzioni industriali alternative a difesa dell'occupazione», ha aggiunto, «l'azienda risponde con la provocazione dei part-time, azzerando salari e diritti dei lavoratori».
Per il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, è «inaccettabile in un paese civile atteggiamento di chiusura al dialogo di Embraco». Ilm e Fiom stanno pensando di organizzare una manifestazione davanti all'Europarlamento. Paolo Capone, segretario generale dell'Ugl ha parlato di «un atteggiamento scellerato che rischia di mettere sul lastrico centinaia di dipendenti».
A. Bas.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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