MESTRE
«Non vogliamo l'elemosina dallo Stato, vogliamo lavorare, prima andremo

Sabato 31 Ottobre 2020
MESTRE
«Non vogliamo l'elemosina dallo Stato, vogliamo lavorare, prima andremo a Marghera a farci sentire da Zaia e poi andremo a Roma». Si sono ritrovati in oltre 500 ieri sera in piazza Ferretto, ristoratori e addetti del comparto turistico, gestori di palestre e di sale da ballo. Tutti accomunati da una rabbia appena trattenuta contro le ultime misure anti-Covid, considerate dai manifestanti il colpo di grazia alle proprie attività economiche. Non per caso c'erano candele accese e manifesti raffiguranti croci di legno.
TENSIONI
Non è però mancato qualche momento di tensione dovuto a personaggi che si sono infiltrati tra la folla: faccia a faccia con le forze dell'ordine schierate, qualcuno si è abbassato la mascherina per sputare contro giornalisti e fotografi. Il primo (e ultimo) a prendere la parola è stato Stefano Minto, l'imprenditore veneziano che gestisce le aree ristoro di scuole, Questura e Città Metropolitana, nonché l' ideatore della protesta di ieri, da subito condivisa attraverso un tam tam iniziato sui social network. «L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro che ci è stato tolto con l'ennesimo Dpcm e la chiusura alle 18 dopo che ci hanno fatto comprare i plexiglass e i disinfettanti ha esordito Minto e dopo che ci hanno costretti ad indebitarci con le banche per lavorare, ma un pub e un ristorante come fanno a sopravvivere se non possono lavorare? Noi non siamo sicuri che potremo rimanere aperti ancora per molto e per questo chiediamo al Comune di Venezia di non abbandonarci proprio in questo momento. L'ultimo ristoro prevede la sospensione dei contributi ma quando riprenderò a lavorare mi troverò con cinque rate non versate da pagare». Tra i numerosi ristoratori veneziani arrivati ieri in piazza Ferretto, con il tipico cappello da cuoco, Stefano Aldreghetti ha letto una dura lettera aperta indirizzata al Presidente del Consiglio. «Lei sta bloccando l'Italia togliendoci la dignità a colpi di Dpcm . Ma noi sembra che ci sia un accanimento contro alcune categorie produttive, con l'effetto di creare disparità sociali e di uccidere tutta la filiera dei pubblici esercizi».
Paolo Guidone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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