Lecce, picchiato dai bulli a scuola la maglia usata come cancellino

Lunedì 23 Aprile 2018
Lecce, picchiato dai bulli a scuola la maglia usata come cancellino
LA STORIA
Schiaffi, pugni, vessazioni. L'anno scolastico era appena iniziato, ma per un 17enne di un istituto tecnico di Lecce si è trasformato subito in un inferno. Lui è mingherlino, timido, silenzioso: la preda preferita dei bulli, che con i deboli si sentono forti. Questa volta a salvarlo ci pensano due compagni, che con il cellulare filmano tutto e non per mettere alla berlina il compagno inerme in rete, bensì per inviare le immagini alla madre. Ora quei quattordici secondi di violenza in classe sono in un fascicolo della procura dei minori, che indaga sul caso.
«ORA LO METTIAMO A POSTO»
Gli inquirenti dovranno ricostruire tutta la storia: quante volte il ragazzo è stato picchiato, se da uno o più compagni. Perché lui, ai genitori, non ha mai raccontato nulla. Un giorno dopo l'altro si trascinava a scuola e tornava a casa con lividi sulla braccia, sulle gambe e sporco di gesso, forniva risposte evasive e si chiudeva in camera. Sempre più silenzioso e terrorizzato. Fino a quando due compagni decidono di filmare tutto per incastrare il responsabile, un tentativo estremo visto che le prepotenze andavano avanti da tempo.
Il video riprende un ragazzo che spinge la sua vittima contro il muro, la prende a calci e la minaccia con una sedia. In sottofondo sentono alcune voci che, secondo l'interpretazione della mamma riferita all'avvocato Giovanni Montagna, rivelerebbero la volontà di un amico - ma dal filmato emerge la partecipazione almeno di un'altra persona - di aiutare il compagno a salvarsi dalle umiliazioni a cui veniva continuamente sottoposto. «Sicuro che stai registrando?», inizia uno dei due. «Sì», risponde l'altro. Poi, in dialetto leccese: «Così lo mettiamo a posto proprio». «Ma a tutto io devo pensare?», è la conclusione del dialogo. Secondo quanto appurato dal legale, le umiliazioni andavano avanti da mesi. Al ragazzo toglievano la felpa e la usavano come cancellino della lavagna. Aveva diversi lividi, ma con la mamma negava tutto. Alla fine avrebbe ammesso «qualche schiaffo», ma niente di importante. «È un ragazzo molto introverso, sensibile, chiuso ma che ha sempre avuto un brillante rendimento scolastico».
Da settembre, «da quando sarebbero iniziati questi episodi, invece è calato notevolmente», spiega Montagna. Per alcuni giorni ha anche chiesto di poter restare a casa, per avere un po' di sollievo dalle angherie dei bulli: carattere riservato ed esile di fisico, per paura o per vergogna lo studente non ha mai raccontato ciò che gli accadeva in classe. Fino al 7 aprile, quando la mamma riceve un messaggio WhatsApp con le immagini dell'aggressione. La donna è incredula, spaventata, parla con il figlio e lui finalmente si sfoga. Il passo successivo è la denuncia ai magistrati. «Non è ancora chiaro quanti partecipassero alle vessazioni. Sarà il lavoro della procura a cercare di fare chiarezza», aggiunge l'avvocato.
INCONTRO CON I GENITORI
Il ragazzo, anche se fa ancora fatica a parlare ed è molto reticente, «ha ammesso e raccontato - spiega il difensore - è emerso così che veniva picchiato ogni giorno almeno da settembre o ottobre». Ieri sera il legale ha incontrato di nuovo i genitori, per fare il punto della situazione: «Nonostante la riservatezza del caso, che riguarda minori, abbiamo registrato una vasta solidarietà e un tempestivo intervento della scuola, dopo la nostra denuncia. Ci hanno assicurato che interverranno, aspettando di chiarire le responsabilità». E sul caso interviene anche il capo della polizia Franco Gabrielli, che definisce il bullismo «una forma di omologazione. Ci sono persone che si ritengono depositarie di un modo di essere e lo applicano in maniera prevaricante nei confronti di altri soggetti più deboli». Dunque il tema «non è il non rispetto delle regole, ma un'omologazione che troppo spesso ci appiattisce».
Claudia Guasco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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