LA GRANDE OPERA
VENEZIA Per la prima volta nella storia millenaria di Venezia,

Domenica 4 Ottobre 2020
LA GRANDE OPERA
VENEZIA Per la prima volta nella storia millenaria di Venezia, mentre l'onda di marea premeva sull'Adriatico, spinta da uno Scirocco con raffiche fino a 30 nodi, la città era all'asciutto. Per circa sei ore ci sono stati 60 centimetri di differenza tra il livello del mare e il livello della laguna: significa che neppure piazza San Marco, la parte più bassa di Venezia, è andata sotto malgrado le previsioni di 135 centimetri, cioè acqua al ginocchio davanti alla Basilica.
SEPARATE LE ACQUE
Merito del Mose, che dopo tanti anni ha mantenuto la promessa biblica di separare le acque del mare dalla laguna. Che le 78 paratoie mobili distribuite sulle tre bocche di porto (41 al Lido, 19 a Malamocco e 18 a Chioggia) venissero a galla era stato mostrato più volte, che tenessero all'asciutto la città con vento forte e mare formato ancora non lo si sapeva. Non c'erano state prove in simili condizioni e soprattutto, le prove precedenti si erano effettuate con una marea molto modesta.
L'ORDINE ALLE 8.30
Le operazioni per l'innalzamento del Mose sono iniziate alle ore 8.30 (ma in realtà i tecnici erano al lavoro prima dell'alba) e alle 10.10 era completamente sollevato: mentre in mare la marea continuava ad aumentare, in Laguna la crescita si arrestava, attestandosi intono ai 70 cm. Quando in mare ha raggiunto il suo massimo di 132 cm, il dislivello tra mare e Laguna, garantito dalle barriere, era di 62 cm. Nonostante un'onda di circa due metri, le paratoie si sono mosse di pochissimo e sono rimaste al loro posto fino alle 16, quando il livello del mare e della laguna sono diventati eguali ed è partito l'ordine di pompare acqua nelle gigantesche porte mobili, che sono rientrate negli alloggiamenti sottomarini.
Venezia ieri è rimasta all'asciutto, ma non sarà così oggi e domani con due picchi di 115 e 110 centimetri previsti tra mezzogiorno e l'una. Il Mose non è completato, ha ancora tanti collaudi da fare, ci sono criticità non risolte, i costi di manutenzione non sono ancora esplicitati e soprattutto non sarà azionato con previsioni di marea sotto i 130 centimetri. Al di sotto di questo livello, le acque creano disagio, ma non rappresentano una calamità. E gli operatori economici sono attrezzati da decenni per farvi fronte limitando i danni.
UN NUOVO INIZIO
Per Venezia non si tratta della fine delle preoccupazioni, perché il Mose non è ancora completato e collaudato, ma certamente l'operazione di ieri cancella in un colpo solo tante brutte storie di ritardi e anche di corruzione alle quali l'opera è stata accostata. Soddisfatto l'ingegnere Alberto Scotti, che è il principale progettista dell'opera, il quale non nasconde che sperava in un mare ben più severo: «Che funzionasse lo sapevamo - commenta - ora è stato testato il funzionamento dell'impianto con la macchina della previsione e della comunicazione».
Il porto è stato infatti chiuso dalla Capitaneria per tutta la durata delle operazioni e a sorvegliare c'erano parecchie unità delle forze dell'ordine.
«Il test è andato bene - aggiunge il Provveditore alle opere pubbliche, Cinzia Zincone, che ha assistito alla prova con il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro - e stiamo raccogliendo tutti i dati, maggiori rispetto al previsto, per la messa a punto».
Elisabetta Spitz, il commissario che ieri ha seguito la situazione in collegamento. «La decisione di alzare il Mose coronata da un palese successo- ha sottolineato - rappresenta solo un passaggio fondamentale nella protezione della città e della laguna. Ci tengo ad attribuire il merito ai tecnici, agli operai e a tutto il personale del Consorzio Venezia Nuova che hanno reso possibile raggiungere questo straordinario traguardo».
Per il Consorzio ha parlato il commissario Giuseppe Fiengo: «Cinque anni ci abbiamo messo, ma ce l'abbiamo fatta. Mi ricordo la frase che dissero quelli della Mantovani, che con il commissariamento non avremmo mai alzato il Mose. Avevano ragione, non c'era nemmeno il progetto. È molto faticoso, ma alla fine se uno si mette le cose le fa».
Michele Fullin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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