Il Patriarca e New Pope: «È un abuso a Venezia»

Mercoledì 15 Gennaio 2020
IL CASO
VENEZIA «La croce cristiana è un simbolo religioso e come tale va rispettata». Dopo la bocciatura da parte dell'architetto don Gianmatteo Caputo, delegato per i Beni culturali del patriarcato di Venezia, di alcune scene girate nella città lagunare della sigla della serie televisiva The New Pope di Paolo Sorrentino, anche il patriarca Francesco Moraglia condanna l'uso profano e irrispettoso della croce.
Le immagini ritraggono alcune suore in sottoveste nel Cenacolo palladiano della Fondazione Cini che ballano sotto una grande croce luminosa, con lo sfondo delle Nozze di Cana di Paolo Veronese, una copia perché l'originale è al Louvre.
IL PATRIARCA
«Non si tratta di scandalizzarsi - ha affermato il patriarca Moraglia - La scena parla in se stessa ed è chiara per chi in qualche modo la vede. Però la croce è un simbolo che fino a un recente passato è stato riconosciuto da tutti. Adesso ci sono anche altre credenze religiose ma rimane un simbolo per molti: vuol dire il sacrificio, la salvezza, il dono totale di sé. Per molti chi era in quella croce era ed è il figlio di Dio. Il rispetto dei simboli è il rispetto delle persone». Moraglia ribadisce quanto affermato in una nota dal suo delegato: «La nota rispetta il mio pensiero - sottolinea - La mia idea è che l'arte è libertà, l'arte è creatività, l'arte è qualcosa a cui non si può mettere la museruola però credo che ci sia anche il rispetto, quello spazio è un luogo che ha un significato importante per i credenti: la croce non è un soprammobile ma è un simbolo che per molti credenti è il riferimento ultimo della vita. La croce ha un riferimento storico ben preciso, riporta ad un evento accaduto duemila anni fa. Per il cristiano, in particolare, è l'evento fondamentale della sua salvezza. Perciò a questo segno va portato rispetto».
«Nella nostra analisi abbiamo giudicato che il contenuto in un luogo simbolico e storico rischia di dare un significato sbagliato al luogo - ribadisce don Caputo - Non è necessario scomodare la censura per dire che siamo davanti ad un episodio che offende e profana per il riferimento al simbolo della croce e risulta inopportuno perché fondato sulla gratuita volontà di provocare e suscitare reazioni; come in altri casi, forse andrebbe semplicemente ignorato per vanificarne l'obiettivo. Sarebbe stato opportuno non concedere per le riprese l'utilizzo del Cenacolo, la concessione di quello spazio è, a mio giudizio, l'ennesimo caso di un abuso di Venezia e dei suoi luoghi storici, a cui siamo costretti ad assistere, che di fatto determinano il suo degrado e ne compromettono il futuro».
La domanda allora nasce quasi spontanea: la Fondazione Cini dovrebbe allora chiedere al regista e alla società di produzione del film The New Pope di ritirare certe scene girate a Venezia e che la comunità ecclesiale veneziana ritiene offensive del proprio segno fondamentale, la croce di Gesù Cristo? La riposta viene netta dal patriarca: «Credo che chi ha dato dei permessi debba riflettere sul perché li ha dati e trarne le conseguenze».
IL SILENZIO
Chiamati in causa, scelgono invece la strada del silenzio i grandi accusati. Contattati nella giornata di ieri da Il Gazzettino, tanto Sky - che firma la produzione di The New Pope - quanto Daniela D'Antonio, moglie e manager del regista Paolo Sorrentino, hanno deciso di non rispondere alla nota del Patriarcato di Venezia. Una strada che aveva seguito fin da lunedì sera anche la Fondazione Cini che ha preferito un «no comment» a qualsiasi richiesta di replica, spiegando di non voler alimentare polemiche. Ma dagli ambienti interni alla Fondazione Cini chiariscono che il Cenacolo non è un luogo sacro e nel passato aveva ospitato anche un deposito di armi.
Daniela Ghio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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