IL CASO
VENEZIA Mentre i cittadini comuni sono costretti a restare chiusi in

Domenica 29 Marzo 2020
IL CASO
VENEZIA Mentre i cittadini comuni sono costretti a restare chiusi in casa per l'emergenza coronavirus, chi può muoversi liberamente sono gli indagati obbligati a presentarsi anche più di una volta al giorno negli uffici di polizia per sottoporsi ad un controllo. È una delle contraddizioni emerse in queste settimane a cui ha deciso di porre rimedio la Procura di Venezia, la quale ha annunciato l'intenzione di chiedere la revoca di tutte le misure non indispensabili, in modo da ridurre la pressione sulle forze dell'ordine, e soprattutto il numero di spostamenti non necessari in una fase delicata di diffusione del virus.
Più complessa da risolvere, invece, è la situazione nelle carceri: in tutto il Veneto da parte dei detenuti vi è grande preoccupazione e il crescente timore di contagi ha come conseguenza una valanga di istanze per poter usufruire di permessi, per chiedere la concessione degli arresti domiciliari o la remissione in libertà. Da un paio di settimane gli uffici giudiziari ricevono decine di istanze al giorno, sulle quali i giudici decidono dopo aver assunto informazioni dalle direzioni dei penitenziari che, finora, hanno assicurato che la situazione è sotto controllo e non vi sono rischi né per i detenuti, né per il personale di custodia. Di conseguenza gran parte delle richieste presentate dai difensori ottiene parere negativo della Procura e viene rigettata.
CONTAGI
Negli ultimi giorni la situazione di maggiore agitazione si è verificata a Verona Montorio, dove il sindacato di polizia penitenziaria ha segnalato l'esistenza di una quindicina di casi di positività al Covid 19 tra gli agenti di sorveglianza, con la conseguente richiesta di attivare speciali misure di sicurezza. Nessuna conferma ufficiale in merito all'esistenza di contagi tra il personale è però pervenuta.
Dopo le rivolte di inizio marzo, la situazione è molto tesa anche perché la prospettata liberazione di tutti i detenuti a cui sia possibile applicare il braccialetto elettronico è di fatto inattuabile in quanto i braccialetti non ci sono e quelli che sono stati ordinati dal ministero potranno essere messi in funzione soltanto un po' alla volta. A fine febbraio erano presenti nelle carceri italiane ben 61.230 detenuti (di cui 2702 donne e 19.899 stranieri) rispetto ad una capienza di circa 50 mila posti; in tutto il Veneto lo scorso anno erano mediamente 2394 a fronte di una capienza regolamentare di 1942, e la situazione peggiore la vive Venezia (Santa Maria Maggiore) dove alla data dello scorso 4 marzo erano detenute ben 268 persone, a fronte di una capienza di 169, con un tasso di sovraffollamento di oltre il 158 per cento. Non migliore il quadro del Friuli Venezia Giulia dove a fronte di una capienza di 479 posti, sono ristrette 663 persone (23 donne e 236 stranieri).
GLI AVVOCATI
Per la Camera penale veneziana, ridurre il rischio di contagio è un dovere giuridico prima ancora che etico e per questo motivo chiede interventi tempestivi ed efficaci: Si impongono soluzioni eccezionali quali l'amnistia e l'indulto - è la proposta - Occorre, inoltre, immediatamente rafforzare il personale del Tribunale di sorveglianza al fine di verificare quanti detenuti abbiano diritto a ottenere la detenzione domiciliare ovvero le misure alternative al carcere.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci