Mose, Cantone: ci sono ancora rischi
il Consorzio deve essere commissariato

Venerdì 7 Novembre 2014
Cantone insieme a Fabris all'Arsenale
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VENEZIA - Le nuove nomine per i vertici del Consorzio Venezia Nuova non hanno «fatto venire meno i rischi di condizionamenti illeciti». È il fulcro della richiesta di commissariamento avanzata dal numero uno dell'Anticorruzione, Raffaele Cantone, nei confronti del consorzio concessionario dei lavori del Mose. L'istanza, resa nota oggi, è stata inoltrata il 5 novembre al Prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro: la decisione spetta a lui, perché la concessione a Cvn per il Mose fu firmata al ministero delle Infrastrutture.



Nella sua lettera, il presidente dell'Authority ripercorre l'inchiesta della Procura lagunare che ha portato a una lunga lista di arresti: tra gli altri, quelli di Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, e di Piergiorgio Baita, ex manager della Mantovani, società chiave del cantiere Mose. Una bufera per corruzione, tangenti e fondi neri che ha investito anche l'ex sindaco di Venezia, Orsoni e l'ex governatore del Veneto, Galan, che ha già patteggiato.



L'ordinanza del gip con cui scattarono le ordinanze di custodia è allegata alla lettera inoltrata a Pecoraro. Lì - scrive Cantone - viene «ricostruito con assoluta chiarezza un sistema corruttivo in seno al Consorzio Venezia Nuova, con particolare riferimento ai rapporti che lo legavano all'organo vigilante, il Magistrato delle Acque di Venezia». Proprio la «pervasività» di quel sistema, «l'intreccio dei rapporti tra Consorzio e esponenti politici a ogni livello», «il carattere seriale delle condotte, accompagnato dalla oggettiva gravità dei fatti» muovono l'istanza di commissariamento.



Ma non c'è solo questo. Nonostante il cambio al vertice, in Cvn non c'è stata discontinuità: i mutamenti intervenuti nella direzione dopo le dimissioni di Mazzacurati, con nuove nomine e nuovo Cda, non bastano ad azzerare i rischi, perché «non rappresentano una novità» sul piano della governance. «Resta infatti invariato il quadro societario, a cui partecipano (ancora oggi) tutte le società già coinvolte nelle indagini giudiziarie e i cui vertici sono stati raggiunti da ordinanza cautelari».



Per Cantone, la stessa nomina di Mauro Fabris a presidente di Cvn non segna una «rottura col passato». Il gip non ha emesso misure a suo carico e lui oggi sottolinea: «Su di me nessun addebito, prenderò atto delle decisioni: se è necessario commissariare per ultimare nei tempi programmati il Mose, sarò il primo a salutare con favore la decisione».



Ma a non lasciar tranquillo Cantone sono in particolare due telefonate di Fabris, intercettate e riportate nell'ordinanza del Gip: al centro dei colloqui, la nomina del Magistrato delle acque di Venezia e i contatti col ministero delle Infrastrutture. Questione su cui Fabris «si è dimostrato perfettamente addentro con un preciso ruolo di collegamento». E invece, secondo fonti qualificate della procura della Repubblica di Venezia, non ci sarebbe alcuna rilevanza penale nelle telefonate in cui compare Mauro Fabris (all'epoca sottosegretario ai Lavori Pubblici) intercettate nel corso dell'inchiesta sul Mose. Si tratta, riferiscono le stesse fonti, di «semplici contatti di routine tra un politico, che è anche stato sottosegretario ai Lavori pubblici, ed un consorzio di imprese che faceva riferimento al Magistrato delle acque che è emanazione dello Stato e dello stesso ministero».
In ogni caso, i vertici del Consorzio in queste settimana hanno già espresso l'indicazione che non si opporranno all'eventuale misura richiesta dall'Authority.
Ultimo aggiornamento: 8 Novembre, 10:04

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