«Firma falsa»: la grafologa veneziana smonta la pista inglese per la Orlandi

Sabato 13 Maggio 2023
Sara Cordella

VENEZIA - «Le due firme sono sovrapponibili, quella lettera è un falso clamoroso». La grafologa veneziana Sara Cordella, docente di Metodologia e Grafologia Peritale e consulente in vari processi penali (e in varie inchieste giornalistiche della trasmissione "Chi l'ha visto"), non ci ha messo molto a smontare la pista inglese del caso Emanuela Orlandi.

Una pista emersa nei giorni scorsi sulla base di una lettera inviata nel 1993 al cardinale Ugo Poletti, all'epoca arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore, e firmata dall'arcivescovo di Canterbury George Carey. La lettera è stata consegnata da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, al promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi, l'uomo scelto da papa Francesco per indagare sul caso della giovane "Vatican girl" scomparsa nel 1983. Questo il messaggio di quelle quattro righe: «Cara Eminenza, sapendo che sarà per qualche giorno qui a Londra, mi sento in dovere di invitarla a farmi visita nei prossimi giorni per discutere personalmente la situazione di Emanuela Orlandi di cui sono a conoscenza. Dopo anni di corrispondenza, penso sia giusto discutere di una situazione di tale importanza personalmente. Mi faccia sapere se può servirle un traduttore personale o se nel caso la porterà con lei. Attendo la sua risposta nei prossimi giorni».


Un colpo di scena clamoroso? Sembra proprio di no. Nei giorni scorsi l'inglese zoppicante con cui era stata scritta aveva destato più di qualche dubbio, ma l'analisi della grafologa sembra mettere decisamente una pietra tombale sull'ipotesi.


«Quella lettera puzzava di falso lontana un miglio - spiega Cordella - mi è bastato fare una breve ricerca per trovare online un documento firmato dallo stesso arcivescovo. Ho confrontato le due firme e si sovrappongono». Lo scritto a cui fa riferimento Cordella è una seconda lettera pubblicata dalla testata inglese "ChristianToday" nel 2016: da lì, secondo la grafologa, chi avrebbe creato lo scritto della pista londinese avrebbe preso la firma dell'arcivescovo.


CONFRONTO TECNICO
La prova regina sulla falsità di quella firma sta proprio in quella irreale perfezione. «Ci sono due principi nella grafologia: il primo è che nessuno è in grado di scrivere qualcosa nella stessa maniera di un altro, il secondo è che anche la medesima persona non riuscirà mai a replicare uno scritto identico a quello precedente. Nel momento in cui delle firme si sovrappongono, quindi, è evidente che non sono due grafie diverse ma è la stessa fotocopiata. In questo caso credo che banalmente chi ha creato quella lettera abbia tagliato e incollato con un programma di editing la firma del secondo documento per apporlo a quello della richiesta per Emanuela. Per questo possiamo dire che non è un lavoro professionale, ma una contraffazione a livello artigianale. Altro elemento è quella "intozzatura", un rilascio di nero, frutto di uno spasmo pressorio - continua - che si trova in entrambe le firme. È un dettaglio non replicabile. Motivo per cui possiamo affermare che siamo di fronte, senza ombra di dubbio, a un falso clamoroso». Cordella ha riportato le sue riflessioni anche in un post su Facebook. «Il caso Orlandi è così. Tanti dilettanti che ci provano, troppe casse di risonanza. Nel paese della bugia, la verità è una malattia».

Ultimo aggiornamento: 17:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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