Udine. La rabbia di una mamma per la troppa burocrazia: «Mio figlio diabetico costretto a lasciare l'asilo pubblico»

Il racconto dell'odissea per il bimbo di 3 anni: «Istituto più impegnato a star dietro alle carte che a integrarlo»

Sabato 28 Ottobre 2023 di Camilla De Mori
Bambini all'asilo (foto d'archivio)

REMANZACCO (UDINE) - «In ospedale a Udine, mio figlio diabetico di 3 anni ha ricevuto tutti gli strumenti per potersi inserire come gli altri bimbi e invece questo meccanismo virtuoso si è inceppato appena è arrivato alla materna, perché la pubblica amministrazione mi è sembrata più impegnata a stare dietro a carte e autorizzazioni che a integrare il bambino». È la voce arrabbiata (e la verità) di Anna - di cui non faremo il cognome per tutelare il minore -, madre friulana di un comune alle porte di Udine, ferita dall'impatto con la burocrazia nella sua ricerca di "normalità" per il figlio, ma anche per sé e la sua famiglia. Da una parte, quindi, una mamma che, alla fine di quella che ha ritenuto un'odissea, si è sentita "costretta", suo malgrado, a rinunciare all'asilo pubblico per sceglierne uno privato. Dall'altra, però, c'è anche la scuola, che assicura di aver fatto tutto il possibile per dare risposte alle necessità di un bambino più fragile degli altri, cercando di barcamenarsi fra le ulteriori responsabilità che questa situazione impone e l'esigenza di gestire nel contempo tanti altri piccoli. In mezzo, la carenza di figure dedicate come l'infermiere d'istituto. «Ci sono stati tanti incontri sia con la dirigente sia con i referenti della mensa per dare aiuto al bambino e venire incontro alla mamma», assicura il sindaco Daniela Briz.

LA MAMMA

La scoperta, a giugno, che il figlio ha il diabete di tipo 1, per Anna, titolare di una Srl di informatica e comunicazione, e il marito, dipendente a tempo pieno, «ci ha stravolto la vita», ammette lei. «All'inizio la somministrazione dell'insulina avveniva con la pennetta. A ciascuno dei 5 pasti bisognava fare il calcolo attento dei carboidrati che sta per ingerire, somministrare l'insulina e pregare che consumi tutti i carboidrati perché non è un mangione». La famiglia del piccolo, che ha trovato aiuto in Pediatria e nell'Affd, si è subito mossa per preparare l'ingresso alla scuola dell'infanzia, nel comune di residenza alle porte di Udine. «Già a giugno sono andata a scuola e ho parlato con una maestra.

Mi ha detto di non preoccuparmi. Ho scritto anche una mail alla dirigente. Il problema era trovare chi potesse prendersi in carico la somministrazione dell'insulina con la pennetta, perché significava fare una puntura. Ho messo il turbo e chiamato il Distretto, che mi ha spiegato che non poteva garantirmi un infermiere 5 volte al giorno. Mi hanno detto di cercare privatamente, ma il costo di un infermiere privato, a 40 euro a puntura, era pari al mio stipendio», racconta la mamma, che durante l'estate ha lavorato in smart working in attesa di provare il microinfusore, «collegato con un aghetto al corpo del bimbo, che rilascia l'insulina in autonomia e si attiva con un'applicazione dallo smartphone di cui ho dotato il bambino». Insomma, dal punto di vista della mamma, «la scuola avrebbe dovuto solo cliccare sull'applicazione, inserendo i carboidrati che stava per ingerire. Nessuna iniezione».

La madre aveva pensato alla svolta. «A settembre, all'Open day in asilo ho incontrato l'insegnante di mio figlio, mi ha detto che aveva la volontà di aiutarmi. Mi sembrava tutto risolto. Poi, mi ha chiamato - sostiene la mamma - la dirigente spiegandomi che un'insegnante, che deve vedere di 19 bambini, non può prendersi carico anche di un bimbo diabetico. Che ci avrebbe provato, ma che c'era una difficoltà. Poi, c'era anche la difficoltà di gestire la responsabilità. A scuola dobbiamo lasciare il glucagone: nel caso in cui il bambino dovesse andare in ipoglicemia grave e non fosse cosciente, bisogna fargli una puntura e le insegnanti non fanno iniezioni. L'altro nodo era legato al fatto che quando l'insegnante è assente i bambini vengono smistati in più classi. Era diventato un problema burocratico». Ma tutti ci avevano messo la buona volontà. «Quando sembrava tutto sistemato, si è posta la questione della mensa interna gestita dal Comune», perché c'era il problema di inserire il numero di carboidrati ingeriti. «Mentre mio figlio faceva l'inserimento alla materna, io ero all'asilo in un banchetto da scuola, nascosta dal bambino: dovevo essere presente ogni giorno. La scuola, la mensa e il Comune si rimbalzavano la responsabilità del calcolo dei carboidrati e alla fine mi hanno detto che mi serviva un nutrizionista. Ho chiamato la professionista che segue mio figlio in ospedale e che pago e le ho chiesto di fare il calcolo dei carboidrati sul menu della scuola, e lei si è resa disponibile. A quel punto, ho contattato la mensa, ma mi hanno detto che bisognava parlare con il cuoco. Era il centesimo rimbalzo e alla fine mi sono scocciata, ho preso il bambino e l'ho portato in una scuola privata», conclude la mamma.

NEL PRIVATO

Nell'asilo privato, i problemi, sostiene, si sono dissolti. «L'insegnante fa quello che le dico di fare. Gestisce la app e io le spiego come misurare i pasti. La retta mi costa 500 euro al mese più altri 5 euro al giorno per il pasto, per circa 600 euro al mese, quasi un terzo del mio stipendio». E dire che, dal punto di vista della mamma, «si sarebbe tutto potuto risolvere nella struttura pubblica, visto che casa mia e l'asilo sono vicini. Ma ho trovato una resistenza burocratica ingiustificabile. Nel primo periodo lo portavo alla materna alle 9 e alle 11.45 dovevo portarlo a casa a mangiare perché non poteva mangiare con gli altri. Stava tre ore in asilo, mentre sarebbe potuto starci 8 ore, dalle 8 alle 16. Mi ero pure resa disponibile a fare il calcolo dei carboidrati gestendo la app da remoto, chiedendo solo di sapere cosa stava per mangiare e quando. Ma niente». Per la mamma, una sconfitta ma solo temporanea. «Io voglio che mio figlio torni alla scuola pubblica alle elementari. Hanno tre anni per prepararsi. Non voglio fare la guerra all'istituto, ma voglio che mio figlio vada a scuola come tutti gli altri. È un suo diritto».

Ultimo aggiornamento: 13:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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