Baccalà battuto a mano secondo l'antico metodo: il segreto della famiglia Zoratto

Giovedì 19 Dicembre 2019 di Alessandro Marzo Magno
Baccalà battuto a mano secondo l'antico metodo: il segreto della famiglia Zoratto
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La straordinaria storia della famiglia Zoratto di Codroipo che possiede un molino dal 1782 producendo vari tipi di farine e non solo. Oggi è anche l'unico impianto dove si batte il baccalà a mano con un antico maglio che colpisce il pesce con una forza di trecento chili al secondo. «L'effetto del legno valorizza le fibre: siamo anacronistici, ma questo è il nostro mondo».



LA STORIA
«Sono anacronistico» afferma Christian Zoratto, e come non credergli: è proprietario di un mulino ad acqua vecchio di 600 anni, è l'unico rimasto a utilizzare il maglio per battere il baccalà (ovvero, per il resto del mondo, lo stoccafisso), vende le sue farine solo lì, al mulino. Non le si trova al supermercato, non ha distribuzione, di vendite online neppure parlarne. Eppure funziona. Il mulino Zoratto di Codroipo, in provincia di Udine, dimostra quanto possano dare valore aggiunto tradizione e qualità messe assieme. Certo, ci vuole amore, tanto amore, per far funzionare meccanismi di legno e pietra che ogni giorno ripetiamo: ogni giorno hanno bisogno di lavori di manutenzione (anche perché spesso stanno lì da almeno un centinaio di anni). 

LA MÀCINA
Certo, non si diventa ricchi; sono finiti i tempi nei quali la figlia del mugnaio era la sposa più ambita del villaggio, come raccontano tante favole, ma nel sentire Christian raccontare sembra di esserci entrati, in una favola. Il nucleo più antico del mulino è del 1450, la parte dove ora si lavora è ottocentesca, le ruota con pale metalliche del 1850, costruite da una ditta austriaca con lamiere battute a mano e unite da chiodi, non c'è nemmeno una saldatura, gli ingranaggi sono costituiti da ruote di ghisa con denti di legno, le macine di pietra cinque quintali l'una in un blocco unico e non di agglomerato, ogni anno devono essere rabbigliate (anche le parole sono d'altri tempi qui: significa ripristinare le rugosità sulle pietre da macina). Naturalmente non tutte le pietre vanno bene per macinare tutto: ogni minerale vuole il suo cereale, quindi il granito ferroso, di colore verde, va bene per i grani da panificazione, mentre il granito rosso si usa per il mais. Il tutto, ciliegina sulla torta, è vincolato dalla soprintendenza, il che significa pure che il medesimo tutto è, ovviamente, fuori norma e quindi, anche se lo volessero, gli Zoratto non potrebbero assumere personale: devono arrangiarsi in famiglia. 


UN MAGLIO SETTECENTESCO
Così al mulino lavorano papà Umberto, 72 anni, Christian, 43, e sua moglie Elena. Il piccolo Leonardo, 9 anni, al momento gioca, una volta cresciuto deciderà quel che vorrà fare. D'altra parte anche Christian aveva studiato al Malignani, il celebre istituto tecnico industriale di Udine, e fino al 2010 vendeva impianti per reattori nucleari, poi ha deciso di dedicarsi al mulino, proprietà della sua famiglia dal 1782. Veniamo al baccalà. I vecchi magli per battere la canapa (una delle pietre è del XVII secolo) vengono ora utilizzati oggi per battere lo stoccafisso: tre colpi al secondo, con una forza di trecento chili a colpo, un paio di minuti per ogni pesce. L'effetto del legno che batte sulla pietra è di non rompere le fibre del baccalà e fa sì che assorba più acqua nella fase di ammorbidimento e più sugo durante la cottura. 

PESCE NORVEGESE
Al tatto il pesce risulta bello liscio, mentre, spiega Christian, lo stoccafisso passato fra i rulli che normalmente si compra nei negozi, si vede subito perché è ondulato. Vengono battuti stoccafissi Ragno di prima categoria importati dalla Norvegia e pure questi venduti a chi se li venga a prendere, la stragrande maggioranza a ristoranti che guardano alla qualità del prodotto. La battitura avviene in un locale apposito, separato da quello utilizzato per macinare le farine. Nel mezzo scorre la roggia Sant'Odorico che prende acqua dal Tagliamento vicino a Gemona e sfocia nello Stella. Lì sono sistemate le ruote che imprimono il movimento ai macchinari.

LE FARINE
Christian Zoratto produce 14 tipi di farine diversi, utilizzando cereali coltivati apposta per il suo mulino, in campi dedicati dove gli agricoltori non usano fitofarmaci. Naturalmente si macina quel che c'è, perché anche i cereali hanno la loro stagionalità e non sempre si trova tutto. Si trova, per esempio, farina di mais rosso di Aquileia, una varietà che rischiava di scomparire (così come il biancoperla, pure quello a rischio estinzione). Anacronismo significa anche che la produzione di farina si aggira sui 60-70 chili all'ora, mentre, spiega Zoratto, i mulini industriali in un'ora macinano tonnellate di grano. «È una produzione di nicchia», precisa Christian, e non ci sono dubbi che lo sia. Oltretutto le farine non hanno conservanti aggiunti, quindi hanno termini di scadenza abbastanza brevi. I clienti sono soprattutto ristoranti, per esempio quelli della Via dei sapori del Friuli Venezia Giulia, dove è presente anche uno stellato Michelin, La Subida, di Cormons. Tra i clienti c'è qualche ristorante lontano, di Savona, di Bruxelles, ma sono i clienti a pensare alle spedizioni, ovvero a mandare il corriere che preleva i pacchi. 

ALTRI TEMPI
In effetti andare dai Zoratto è un'esperienza di altri tempi: una strada in mezzo ai campi fino agli edifici che compongono il mulino. Un cortile, le arcate, e al pianterreno il piccolo punto vendita con accanto i macchinari che girano e macinano; al primo piano un grande stanzone perfettamente restaurato con travi e un bel camino alla parete. «Un tempo il mulino», spiega Zoratto, «era il centro del paese, ci venivano tutti perché ognuno portava il proprio grano a macinare, lasciando una frazione di farina al mugnaio. Lo stesso accadeva con il baccalà, qui c'era la forza data dall'acqua e i paesani la usavano. E quindi veniva il falegname ed eseguiva qualche riparazione, veniva il lattoniere e saldava quel che c'era da saldare, venivano i ragazzi e le ragazze, si conoscevano e si combinavano i matrimoni. Ecco, la nostra prossima meta è ritornare a essere un centro di aggregazione, dove si possono fare assaggi e degustazioni». Così si potrà anche imparare qualcosa sulle farine, oggi travolte, in particolare quella doppio zero, da una campagna denigratoria che non ha alcun fondamento reale. 
Alessandro Marzo Magno 
Ultimo aggiornamento: 21 Dicembre, 10:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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